Durante gli anni dell'università inizia a lavorare presso una testata locale continuando l'attività giornalistica in ambito musicale e sportivo come freelance.
Iscritta all'ordine dal 2007 crea il progetto AMA music per dar voce alle realtà locali o parlare dei grandi nomi con il gusto e l'approfondimento che difficilmente si trovano nel web.
Che siano banali, geniali o strampalate, di certo non sono le idee a mancare in 4T, l'album di debutto di Fabio Gianisi che raccoglie dieci brani composti nel corso degli ultimi vent’anni. Quantomeno bizzarra, ad esempio, è l'idea di rompere il ghiaccio con il pezzo strutturalmente più debole della track-list: Zero Parole è una spensierata dedica all’amata sullo sfondo di un far west metropolitano, che inciampa su cambi ti tempo un po’ troppo azzardati.
Meglio Lo sparviero: concepita negli stessi anni - adolescenziali, dicono le note di copertina – della precedente, aggancia l'ascoltatore con un incipit d'impatto, si serve quindi di un bridge sospeso per creare l'aspettativa e infine plana sulle note di un refrain arioso. Lo stacco brusco del finale musicalmente poco felice potrebbe essere metafora di un cambio di prospettiva o di un atterraggio imprevisto, ma di fatto l’impatto acustico risulta piuttosto spiazzante.
Si apre sui due accordi di un’armonia rilassata, quasi ipnotica, la più recente C6, mentre il racconto si perde tra le emozioni scaturite dall’avvento di una nuova vita. Cambio di ritmo e di atmosfere sulle note leggere del Volo di Mary, in cui spicca la naturale predisposizione vocale di Gianisi per i registri alti.
L’avvocato cantautore, dopo essersi confrontato con il falsetto di un’anacronisticamente dylaniana (solo nel titolo, s’intende) Tempest, veste i panni del rapper tra le strofe di Meritocracy, secondo ed ultimo brano della parentesi anglofona dell’album. Dagli arrangiamenti vagamente bristoliani della prima, Max Russotto passa con disinvoltura all’elettronica per poi ritornare allo stile più classico di Vita per noi, scandita dal ritmo sincopato della sei corde acustica.
Luce arriverà è un brano che s’inserisce sul frequentato filone della ninna nanna pop, da cui sono sgorgati storicamente successi internazionali e interpretazioni locali, fino addirittura a quella dialettale del Contrabbandiere De Sfroos.
Se le disseminate (per altro non rade) pecche tecniche possono da un lato compromettere il piacere dell’ascolto di 4T, è innegabile che dall'altro lato permettano di cogliere e apprezzare la spontaneità dell'atto creativo, l'immediatezza di un'opera che assume a tratti i connotati di un flusso di coscienza per poi tonare di rigore nei binari di un ragionamento calcolato.
Ambivalenza che ritroviamo anche sul piano compositivo: l'indubbia propensione melodica di Fabio Gianisi offre all'ascoltatore dei momenti di lirismo libero, ma non manca di ammiccare strategicamente a passaggi che fanno parte del consolidato immaginario sonoro contemporaneo.
Fatto sta che questa sorta di testimonianza musicale, iniziazione del cantautore al mondo del pop nonché autocelebrazione del passaggio cruciale agli ‘anta, veicola e proietta nel futuro della prossima generazione un messaggio che almeno un paio di persone saranno felici di ricevere.
Quel mezzo secolo di mestiere ed arte, moltiplicato per il numero dei componenti della band sul palcoscenico, martedì 26 febbraio riempiva l'atmosfera della sala Planet Soul del Melo come poche altre volte in passato, dacché ho la fortuna di frequentare la pregiata rassegna Jazz'Appeal.
Gli Elio e le Storie Tese si presentano sul palco dell'Ariston con vesti da chierichetti e teste "rialzate": l'effetto è raccapricciante, oltre che ovviamente esilarante. E dopo il primo brano, Dannati forever, ecco La canzone mononota. Il genio non si ferma, nemmeno in tempi di magra.
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Del tango, Cáceres e la sua coppia sodali sono pronti a svelarci l’anima: quella che vibra quando le mani nude percuotono il cajon e una voce ruggine ne evoca le origni d’Africa. O, meglio, le «tre anime», come l’artista e compositore argentino tiene a spiegare: l’habanera, la milonga e il candombe.
La spontaneità del gesto musicale
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Disincantu è un concentrato di sicilianità che non basta a stupire
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