Poesie, racconti, recensioni: la caleidoscopica proposta di Alfonso Gariboldi per AMA music si traduce in una acuta retrospetiva che indaga vizi e virtù degli album che hanno fatto la storia della musica. Ogni sua recensione è arricchita da un collegamento storico, un aneddoto, una riflessione sagace che contribuisce a delineare lo stile irreprensibile e irriverente della rivista.
Per ulteriori informazioni circa l'attività letteraria di Alfonso rimandiamo al suo sito personale www.alfonsogariboldi.it
Su quali prerogative erano basati i primi due, brillanti, lavori dei Police? Su una possente mistura di white reggae and punk rock, oltre che sulle modulazioni acuto-isteriche della voce di Gordon e i virtuosismi strumentali dei di lui compagni, particolarmente Summers. L’assenza di uno di questi ingredienti porta all’emissione di un disco flaccido, molliccio, con poche canzoni di un certo livello ed una certa noia di sottofondo che si dipana lungo l’arco dei quaranta (scarsi) minuti.
Fin dal primo istante di questo quarto solco degli Oasis, con l’esuberante intro di batteria di Fuckin’ In The Bushes, titolo che ormai non ci si affanna neanche più a censurare, l’impressione sovrana è che si faccia di tutto per far dimenticare il goffo e ripetitivo Be Here Now. Con uno sforzo non indifferente, oltre due anni di lavoro ed una cura doviziosa dei particolari, la band manchesteriana distilla un lavoro davvero variegato, multicolore, il quale pur non toccando vette eccelse era proprio ciò che serviva in quel momento.
Dopo il vasto consenso decretato a Kind Of Magic e la mastodontica tournèe mondiale che ne era conseguita, il gruppo si concede una pausa prolungata per poi tornare in studio e sfornare quello che ne può essere considerato l’ideale continuazione: evidenti sono infatti le analogie nei temi trattati e nella proposta musicale ad ampio respiro, chiaro segnale di entusiasmo ritrovato.
Per importanza di contenuti ed oceanico consenso di pubblico, la settima fatica di Springsteen, Born In The USA, rappresenta, come Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, Never Mind The Bullocks e pochi altri, più che un disco, un manifesto, lo specchio e la memoria di una generazione.
L’album di debutto della cantautrice americana Tracy Chapman ebbe un impatto fragoroso alla fine del penultimo decennio del secolo, ed i connotati politico-sociali di cui è impregnato rappresentano, contrariamente alle apparenze, soltanto una parte delle motivazioni del suo successo. Le nenie folk dei vecchi cantastorie d’oltre oceano sono trasportate alle rive del nuovo millennio con un sound solare e spontaneo, lontano dalle dilatazioni lamentevoli e tediose dei classici canti di protesta.
In bilico tra gli albori punk ed un evoluzione “in progress” decisamente più ammiccante all’ondata grunge che travolgeva da oltre oceano, questo Mantra, quinto disco dei Ritmo Tribale, è stato quello che maggiormente ha avvicinato i cinque rocker milanesi al “grande salto”, poi mancato.
La grande stagione del rock progressivo italiano ha inizio da qui, con questo ottimo apripista ad opera Pagliuca-Tagliapietra, denominato Collage, ossia il secondo (o terzo, le solite beghe da condominio circa l’ufficialità o meno di vecchi vinili emessi all’inizio di grandi carriere) album delle Orme.
Il terribile periodo che la band londinese attraversò allo sbiadire degli anni ’70 avrebbe potuto fatalmente portarla allo scioglimento. L'improvvisa dipartita dell' impareggiabile Keith Moon, proprio sull’onda della pubblicazione di Who Are You, nel settembre '78.
La pubblicazione, il 5 ottobre 1974, del quinto disco solista di Lennon, Walls And Bridges sarebbe stata l’ ultima prima della pausa quinquennale che il leader dei Beatles si sarebbe concesso prima della (tragicamente) breve rentrée. E val la pena subito di dire che si tratta di un eccellente modo di lasciarsi alle spalle il music business, con quello che sarebbe stato in assoluto il suo disco migliore, non fosse stato per l’irripetibile Plastic Ono Band.
Dopo l’ ubriacatura rock dello smagliante, immediato Peter Pan, e celebrata la seconda affermazione a Sanremo con la tirata Mistero, Ruggeri sceglie, forse anche a causa di delicate vicende personali, di tornare a privilegiare la melodia e la riflessione nell’album di inediti seguente, Oggetti smarriti.
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