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Lunedì, 20 Aprile 2009 00:00

Quando Psiche smette di cercare Amore

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PAOLO CONTE

www.paoloconte.it

Luogo: Teatro A. Ponchielli, Cremona
Data: 20 aprile 2009
Evento: Tour 2009
Voto: 7

Il Teatro Ponchielli con la sua raccolta atmosfera d’antan ha qualcosa di contiano insito nel suo stesso spazio: la suggestione di uno sguardo dal loggione alla platea, unita all’impeccabile acustica, rende completa l’esperienza di un concerto di Paolo Conte.


Dietro al drappo di velluto rosso gli scudieri (come ama definirli lo stesso Conte) attendono l’arrivo loro cavaliere, un frettoloso signore con abito ton sur ton che dalle quinte è magneticamente attratto verso un pianoforte dall’aria vissuta. Quel cavaliere disincantato, ma pur sempre schivo, redini alla mano inizia a condurre la combriccola partendo, come di dovere, da Psiche, suo ultimo album: Il quadrato e il cerchio è il brano prescelto. Il pubblico, avido di vecchi successi, è presto accontentato con Sotto le stelle del jazz, Come di e Alle prese con una verde Milonga. La serie di classici è coronata dall’immancabile Bartali eseguita, come da copione live, con un particolare arrangiamento: l’inizio, lento e sofferto, è trascinato solo da voce e pianoforte fino al segnale del celeberrimo “zaz-zaraz-za”, che dà il via all’esplosione strumentale con clarinetto, bandeon, violino e marimba in prima linea. Come legato al pianoforte da un bisogno fisico, Conte si alza dallo sgabello e si porta al microfono accanto alla coda, ma la mano non perde mai il contatto con il suo strumento. La canzone che richiede la presenza eretta del cantautore è Bella di giorno, languido e melanconico lento in stile parigino incentrato su un tema già rodato; lo sguardo del personaggio-Conte che incontra quello della bella protagonista del brano serve da aggancio alla successiva Gioco d’azzardo: la situazione è simile, ma in un passato più audace e gagliardo. Dopo la presentazione di Max Pitzianti, che con scioltezza si destreggia tra tasti e ottoni, si passa a Gli impermeabili subito seguita da Lo zio, in cui la teatralità di Conte, di nuovo in piedi e perfettamente calato nel ruolo, raggiunge l’apice grazie anche alla gestualità paradossalmente elegante legata al rituale del kazoo. Il pezzo è il pretesto per una danza frenetica intavolata dall’archetto del violino e i quattro mazzuoli della marimba che, sapientemente manovrati da Di Gregorio, valgono a quest’ultimo un sincero quanto fragoroso riconoscimento da parte del pubblico. Ancora in piedi per la canzone che precede la pausa, il cantautore astigiano intona L’amore che calcando molto, forse esagerando, l’interpretazione canora, tanto che la smorfia di dolore sul verso finale (“Ma credo in te dolce nemica”) sembra quasi spiazzare il pubblico, che esita alcuni istanti prima dell’applauso di rito.

Silenziosa velocità, ovvero “l’elegia della bicicletta” (per citare l’autore) dà inizio alla seconda parte della performance. Secondo uno schema che ricalca quello dell’incipit, il brano estrapolato da Psiche è seguito dai tre fondamentali Madeleine, Dancing e Chiamami adesso fino ad arrivare al grande classico Genova per noi in cui è concesso alle sole dita del compositore accompagnare il cantato. Conte non rinuncia a ritagliarsi lo spazio di una lapidaria esibizione alla marimba prima di dare in pasto al pubblico l’attesissima Via con me, punteggiata dal pizzicato del barbuto violinista, Piergiorgio Rosso, capace di guadagnarsi durante la serata un ruolo da protagonista oltre allo sguardo ammirato di Conte. Una Berlino anni Cinquanta anticipa le atmosfere rarefatte di Max, con Jino Touche che abbandona nuovamente il contrabbasso per dedicarsi al basso elettrico. A chiudere la “trilogia della bicicletta” ecco Diavolo rosso, brano sempre molto intenso nella versione live, in cui i musicisti si alternano all’assolo su una serrata e costante base ritmica, sostenuta soprattutto dall’instancabile chitarrista Daniele dall'Omo, che si spreme fino all’ultima pennata. Sul finire del brano dall’effetto catartico, Conte alza gli occhi al cielo come attraversato da un’esperienza mistica e purificatrice prima di eseguire Eden, pezzo toccante dedicato al padre.

Si sa che la fastidiosa incombenza del bis è ineluttabile, quindi i musicisti usciti di scena ritornano ai loro posti sul ritmo latino di Cuanta pasión. La canonica versione live iper-velocizzata di Via con me scandisce il concludersi della serata e soddisfa il pubblico che può finalmente intonare “It’s wonderful, s-wonderful, s-wonderful...” prima di lasciare il teatro.

Nonostante l’uscita del nuovo album, nulla è stato aggiunto all’ingranaggio live perfettamente funzionante degli anni passati. Il timore è che una formula ormai consumata possa perdere di vigore, inficiando la buona riuscita della performance che, per quanto ineccepibile dal lato tecnico (i musicisti e polistrumentisti di cui si circonda Conte sono sempre impeccabili), rischia lentamente di perdere l’impatto iniziale. Per il momento ci godiamo il ricordo di uno spettacolo sempre emozionante, ma l’augurio è che una scintilla inattesa possa donare una rinnovata vitalità alle future esibizioni.

Letto 2324 volte Ultima modifica il Giovedì, 03 Gennaio 2013 13:30
Martina Bernareggi

Durante gli anni dell'università inizia a lavorare presso una testata locale continuando l'attività giornalistica in ambito musicale e  sportivo come freelance.
Iscritta all'ordine dal 2007 crea il progetto AMA music per dar voce alle realtà locali o parlare dei grandi nomi con il gusto e l'approfondimento che difficilmente si trovano nel web.

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