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Lunedì, 08 Luglio 2013 08:38

Paul McCartney all'Arena di Verona

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Paul McCartney Paul McCartney AMAmusic

Questa volta sono preparato, non posso più soffrire dell'emozione della prima volta, Paul McCartney live non è più una novità per me, il palco è lo stesso dell'On the Run Tour, giuro che resisterò e non frignerò come un bimbo il primo giorno di scuola quando vede la mamma allontanarsi.

 

 

Le tenebre calano lentamente su un'Arena di Verona piena quasi oltre misura, tanto che le prime note partono con circa mezz'ora di ritardo, non per vezzo artistico ma per riuscire a smaltire le code formatesi in Piazza Brà.

 

Paul fa il suo ingresso quasi in modo sommesso, giacca lunga e basso in mano, un rapido saluto ed è già tempo di Eight Days a Week, che mette a dura prova la voce ancora fredda, a tratti un po' titubante. Poi arriva Junior's Farm, e a seguire tutti i miei buoni propositi si infrangono, ancora una volta, appena sento intonare “Close your eyes and I’ll kiss you...”. Eh sì, All my Loving mi è nuovamente fatale, canto a squarciagola insieme ai miei vicini, ripenso a quegli anni Sessanta che non ho vissuto se non con i ricordi dei fortunati che c’erano, a Londra, a John, a George, e gli occhi si bagnano... Fin qui niente di nuovo, ma in fondo è piacevole, è un po' come tornare a casa dopo un lungo viaggio e scoprire che tutto è come ci ricordavamo, forse meglio.

 

Il mio timore è quello di assistere a una ripetizione troppo fedele di quanto già gustato con piacere un paio d'anni prima ad Assago, ma “Sir” Paul riesce ancora a stupire, e non tanto per le poche parole in italiano che legge al microfono, quanto per la scelta della scaletta, che comprende sì i classici (vedi setlist a fondo pagina per i dettagli), ma al tempo stesso regala delle sorprese, brani che in Italia non aveva mai eseguito, come il diretto interessato tiene a precisare ogni volta. C'è, ad esempio, l'inedito My Valentine, incluso nell'album di cover Kisses on the Bottom, c'è All Together Now, conosciuta dalle nostre parti, purtroppo, soprattutto per essere stata utilizzata in paio di spot pubblicitari, e che rende gli spettatori parte attiva dello show.

 

Le vere gemme però sono i due pezzi tratti da Sgt. Peppers: Lovely Rita e Being For The Benefit of Mr. Kite!, mai suonati dal vivo dai Beatles, perché all'epoca avevano già rinunciato alle esibizioni in pubblico, e perché riuscire a ricreare su un palco le atmosfere ideate per quel album da George Martin è impresa tutt'altro che semplice. Pensate che per ottenere un effetto di sottofondo che ricordasse l'attività ludica e concitata di un luna park, nell'estate del 1967 negli studi di Abbey Road furono fatti a pezzi nastri di repertorio che potessero vagamente ricordare l'ambientazione in questione, tutta giostrine, schiamazzi e zucchero filato, poi furono riassemblati in ordine casuale, suonati e registrati. Frammenti di un mondo che non esiste più, e che per fortuna può vantare ancora qualche reduce illustre, come Paul, che a questo punto della serata ha recuperato un po’ di vigore vocale. A questo proposito mi duole dover scrivere che purtroppo, nonostante l’entusiasmo immutato, la sicurezza dei tempi migliori a Verona non c’è, le note ci sono, ma la fatica si percepisce, e a soffrire è la stabilità, fermo restando che lo spettacolo non ne risulta intaccato.

 

Gli omaggi a John Lennon (Here Today) e a George Harrison (Something, suonata con l’ukulele di George) sono ormai appuntamenti immancabili (seppur sempre altamente emozionanti) di ogni concerto di McCartney, così come il tripudio di fiamme e fuochi d’artificio che incorniciano Live and Let Die, iniezione d’energia che fa da ricostituente e reidratante dopo la commozione generale (o almeno la mia) di Let It Be.

 

Un anno fa Hey Jude ha chiuso la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Londra 2012, in questa circostanza segna la fine della prima parte, la band sparisce per qualche istante, poi torna per suonare Day Tripper, Hi, Hi, Hi, e Get Back.

 

Il secondo e ultimo encore regala Yesterday, Helter Skelter e la trilogia Golden Slumbers-Carry That Weight-The End, che mette il sigillo, dopo più di due ore e mezza, a una fresca nottata scaligera, riscaldata dall’entusiasmo del protagonista, che almeno in questo sembra non essere cambiato poi molto dai tempi di Amburgo.

 

Paul McCartney e (non me ne voglia Ringo…) i due ‘Fab’ che purtroppo ci sono stati portati via dalla follia umana e dalla malattia sono un po’ come testimoni di una divinità che portano il verbo in giro per il mondo (senza suonare il citofono la domenica mattina), qualcuno lo fa in versione mp3 o da un vecchio vinile, qualcun altro saltellando come un ragazzino con il basso a tracolla, o sussurrando nel microfono mentre le mani viaggiano sulla tastiera del pianoforte. Potere assistere a uno di questi momenti è un privilegio, per questo rivivrei la stessa esperienza oggi, domani, e il giorno dopo ancora, affinché non corra il rischio di svegliarmi una mattina e pensare che tutto sia stato un sogno, perché per quanto a volte stenti a crederlo, Paul esiste, Paul è, e ogni tanto ha bisogno di urlarlo in faccia al suo pubblico, abituato a pensare che The End non è necessariamente la fine, e che dopo l’ultima nota potrebbe sempre essercene un’altra.

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LA SCALETTA

Eight Days a Week
Junior's Farm
All My Loving
Listen to What the Man Said
Let Me Roll It
Paperback Writer
My Valentine
Nineteen Hundred and Eighty-Five
The Long and Winding Road
Maybe I'm Amazed
Hope of Deliverance
Another Day
And I Love Her
Here Today
Your Mother Should Know
Lady Madonna
All Together Now
Mrs. Vandebilt
Eleanor Rigby
Being for the Benefit of Mr. Kite!
Something
Ob-La-Di, Ob-La-Da
Band on the Run
Hi, Hi, Hi
Back in the U.S.S.R.
Let It Be
Live and Let Die
Hey Jude

Encore:

Day Tripper
Lovely Rita
Get Back

Encore 2:

Yesterday
Helter Skelter
Golden Slumbers
Carry That Weight
The End

Informazioni aggiuntive

  • Artista: Paul McCartney
  • Luogo: Arena di Verona
  • Data: Martedì, 25 Giugno 2013
Letto 3438 volte Ultima modifica il Lunedì, 08 Luglio 2013 08:55
Marco Signorelli

Marco Signorelli nasce alla periferia di Milano una domenica del 1981. Dopo un'infanzia musicale più che comune è colpito da una folgorazione punk-grunge in età adolescenziale, la rivoluzione culturale che cambia per sembre il suo modo di intendere le sette note. Le porte della percezione sono ormai aperte e la vita diventa una scoperta continua: amori, infatuazioni, delusioni e passioni che consumano l'anima. Dai Nirvana ai Pink Floyd, dai Doors ai Beatles, dai Queen ai Led Zeppelin. Tutto ciò che è stato rilevante nella storia della musica lo è anche per Marco, con una menzione d'onore per il quartetto di Liverpool e i gruppi progressive anni 70. Nel frattempo, tra un cd dei Dire Straits e una strimpellata, studia, si laurea, e diventa giornalista professionista.
Ama le performance dal vivo, la spontaneità artistica e il vinile.

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