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SENZA MUSICA LA VITA SAREBBE UN ERRORE Friedrich Nietzsche

Martedì Marzo 19, 2024
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Martedì 4 luglio, ore 21. Si spengono puntuali le luci del Teatro degli Arcimboldi di Milano e si accendono quelle di scena: inizia lo spettacolo del menestrello più famoso e influente nella «storia della canzone moderna» trasformatosi - in occasione del tour che ha accompagnato l’ingresso nei suoi 80 anni - da cantastorie a talentuoso pianista, centro gravitazionale di una serata blues memorabile.

 

Attorno a Dylan, disposti e attratti come satelliti in un moto sospeso, i musicisti dell’ensemble danno vita ad un sound fuori dallo spazio e dal tempo: chitarra blues, elettrica e acustica sono affidate ai due strumentisti in prima linea, Bob Britt e Doug Lancio; la steel guitar (alternata all’occorrenza a mandolino e violino) scivola sotto le sapienti dita di Donnie Herron, mentre il bassista elettrico e contrabbassista Tony Garnier veglia alle spalle di Dylan, coordinando la sezione ritmica, che forma insieme al giovane Charley Drayton. In questa atmosfera sonora, accarezzato da una luce fioca e calda, punteggiata dai faretti agganciati ai leggii, avvolto dai velluti rossi del teatro, Bob Dylan sembra decisamente a proprio agio, sereno, quasi di buon umore. È proprio vero «che le cose non sono più come prima».

 

La scaletta, ormai ampiamente sviscerata, prevede una serie di classici stravolti, come da tradizione, fin quasi all’irriconoscibilità, alternati a brani dell’album Rough and Rowdy Ways (2020). Cultura alta e bassa, amare riflessioni sulla condizione umana e sui tempi che viviamo, sono al centro della ricerca dell’ultimo Dylan, portata in scena con modi tutt’altro che «rozzi e turbolenti» in una chiave blues cupa, ipnotica a tratti ossessiva, non priva, tuttavia, di momenti brillanti e scherzosi, vissuti a colpi di note ben piazzate, botta e risposta decisi tra sei corde e pianoforte.

 

Watching the River Flow apre il concerto mentre Dylan prende le misure seduto al pianoforte; è sulle note di Most Likely You Go Your Way and I’ll Go Mine che si alza in piedi (lo farà durante tutto il concerto, pur tenendo le mani ben ancorate ai tasti bianchi e neri, sempre inibiti alla vista della platea) quasi a voler cercare un contatto col pubblico. Sarà forse l’evidenza anagrafica ad aver smussato gli angoli di uno degli interpreti più incompresi dai suoi stessi fan, ma sentir uscire dalle sue labbra «Grazie, grazie, vi ringrazio» in modo così spontaneo e cortese, è stato estremamente toccante.

 

I Contain Multitudes riporta alla riflessione, la pacatezza dell’esecuzione rapisce gli astanti, grazie anche ad una performance vocale irreprensibile. Attacco honky-tonk per il blues nostalgico della nuova False Prophet, prima di tornare agli anni ‘70 di When i Paint my Masterpiece.

I brani in scaletta scivolano tra rhythm and blues e accenni rock-n’-roll, arpeggi e riff che si intrecciano, scontrano e poi procedono all’unisono, assoli di chitarra blues e steel, da cui emergono, dirompenti e a tratti dissonanti, le note del pianoforte. A momenti trascendenti, quasi mistici, si alternano siparietti in cui l’imprevedibilità di Dylan è sottolineata dall'atteggiamento dei musicisti intenti, nei passaggi più concitati, a scrutarne l'imperscrutabilità, per interpretare correttamente uno stacco trascinato o la chiusura del brano.

 

Di una cosa sicuramente saremo tutti grati al severo e intransigente Zimmerman: averci evitato il supplizio dei telefonini alzati, degli schermi luminosi, delle distrazioni che ci impediscono di godere in modo autentico dei momenti straordinari. Costringendoci ad ascoltare Dylan ci ha fatto il più regalo più bello, imprimendo indelebilmente questa esperienza nelle nostre memorie (non in quelle sintetiche e caduche dei dispositivi elettronici “usa e dimentica”).

 

Every Grain of Sand chiude l’esibizione, facendo esplodere il pubblico sulle note di armonica dell’assolo finale: sentire il respiro di Dylan che attraversa le lamelle è qualcosa che immancabilmente fa vibrare un fan nel profondo.

Ecco che tra gli applausi si alza e, non senza fatica, si porta alla destra del pianoforte per un saluto al pubblico. Subito dopo, le luci accese e il gran affaccendarsi degli attrezzisti sono un chiaro segnale: Bob Dylan non concederà alcun bis e ci dovremo “accontentare” di quanto concesso fino a quel momento, il privilegio di un accesso riservato, di un viaggio nel tempo e nell'intimità del suo universo sonoro.

Informazioni aggiuntive

  • Artista Bob Dylan
  • Luogo Teatro degli Arcimboldi - Milano
  • Data Martedì, 04 Luglio 2023
  • Evento Rough and Rowdy Ways World Wide Tour
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È proprio un pianoforte da concerto quello che separa il pubblico del Teatro alla Scala di Milano da Paolo Conte e suoi undici scudieri quando, la sera del 19 febbraio 2023, le luci si accendono sulle prime note di Aguaplano.

 

Una data da ricordare, non tanto per il presunto debutto delle “canzonette” sul palco scaligero, ma per la messa in scena della raffinata riflessione di un cantautore sulla performance, espressa attraverso una ricercata poetica e un’esecuzione ineccepibile, proprio in un luogo iconico.

 

La scelta dei brani in scaletta nel primo tempo del concerto sembra voler dire questo, è l'affermazione di più di 50 anni di ricerca e messa in scena, rivendicate attraverso brani quali Come di, Recitando, Sotto le stelle del jazz, e culminate nell'esecuzione in solitaria di Conte di Dal loggione, indossando un paio di occhiali da sole da dietro i quali sembra dichiarare: “Io so di cosa sto parlando. Voi?”.

 

Facciamo però un passo indietro per accedere gradualmente allo spettacolo svelato dai drappi rossi che scivolano verso le quinte. La scenografia è assente a parte le luci che colorano a tema i brani della scaletta: lo spettacolo fornito da Paolo Conte e il suo ensemble è più che sufficiente a riempire il palcoscenico.

Il discorso su musica, esibizione e generi prosegue, dopo Aguaplano, con l’immancabile Sotto le stelle del jazz, in cui in cui brilla l’arrangiamento per ottoni, seguita dal ritmo incalzante di Come di, che scorre veloce sotto le pennate manouche di Luca Enipeo e Nunzio Barbieri.

La luce verde che pian piano irradia i componenti della sezione ritmica e l’incedere pacato delle prime battute del brano successivo sono un chiaro segnale: siamo Alle prese con una Verde Milonga. A svelarne l’origine d’Africa è il darabouka percosso da Lucio Caliendo, mentre ad uno ad uno gli altri strumenti si accendono in un crescendo che porta alla repentina variazione ritmica. fino allo sfumare sul finale, letteralmente soffiato via da Conte nell’imitazione del fruscio del vento. 

 

Cambio di postazione e il cantautore astigiano si alza per una balzellante - forse troppo - Ratafià, scandita dal pizzicato del violino e dai battenti sulla marimba sapientemente agitati da Daniele Di Gregorio. Gli occhiali da sole tornano sul viso di Conte per l’esecuzione di Recitando: in piedi davanti al microfono ci ricorda che l'innovazione avviene (anche) profanando. Un battito di mani e Conte stacca sul motivo strumentale eseguito all'unisono dagli strumentisti, conferendogli un’assoluta intensità; la sua voce, che tanto i critici amano definire “ruggine”, suona in questo brano limpida come mai. Stessa voce che, per la successiva Uomo Camion, si sporca e distorce sostituendosi al kazoo. A proposito di strumenti imitati e che imitano, è il sassofono con la sua parlata grassa il protagonista del botta e risposta growl nella successiva La Frase.

Ed eccoci quindi al brano che chiude il primo tempo, una sublime Dal loggione eseguita in solo al pianoforte: impossibile non immedesimarsi e perdersi nell’atmosfera più intima del Teatro.  

 

Dopo l’intervallo il tono cambia radicalmente, la riflessione cede spazio all’esecuzione e i musicisti si esprimono con assoli coinvolgenti, trascinando il pubblico (tutto il pubblico, anche chi non se l’aspettava) in un entusiasmante, ma composto, turbine musicale.

Chi non immaginava che la rumba fosse solo un’allegria del tango, può accorgersene grazie ad un’esplosiva Dancing e all’infuocato assolo di sax di Luca Velotti; chi conosce Gioco d’Azzardo può riscoprirne la sensualità grazie agli intrecci melodici tra voce, violino e flauto e all’assolo di sax baritono di Massimo Pitzianti in chiusura.

Arriva quindi il momento di un altro classico imprescindibile, Gli Impermeabili, arricchito dall’assolo di sax contralto di Claudio Chiara; poi, come da tradizione, Conte è in piedi per Madeleine prima del brano che tutti attendono, Via con me. Parte il consueto accompagnamento del pubblico che prova a battere le mani a tempo, ma...No, alla Scala non si può (sarà Conte a chiedere, nel bis, con il solito cenno del capo, la partecipazione del pubblico: allora tutti si sentiranno legittimati). L’arrangiamento ormai classico del violino pizzicato che punteggia il brano è stupendo quando resta solo col bandoneon e alcune note di pianoforte.

Non resta che il perpetuo crescendo di Max, prima del ritmo febbrile di Diavolo Rosso, su cui i musicisti sono davvero chiamati a dannarsi le dita. La sezione ritmica pedala ossessivamente per la durata dell’intero brano, incalzata dagli accenti del rullante e da un irriducibile Daniele dall’Omo, come sempre osannato alla fine del brano. Su questa carreggiata sicura e senza ostacoli fluiscono gli assoli indiavolati e ipnotici di Luca Velotti al clarinetto, Massimo Pitzianti alla fisarmonica e Piergiorgio Rosso al violino. Un autentico godimento.

Le chic et le charme ripristina la quiete e chiude il concerto.

 

Quando le tende si riaprono per i bis, sono tre coriste ad attendere il pubblico per intonare Il Maestro, una singolare e insolita dichiarazione d’amore alla musica, all’orchestra, al teatro. Arriva quindi il finale consueto, Via con me in versione leggermente più allegra; poi gli inchini, i ringraziamenti, le tende che si chiudono e si riaprono l’ultima volta su Paolo Conte che, solo, ringrazia e taglia corto, uscendo definitivamente di scena.

Chi aveva dubbi sull'opportunità di questo evento, probabilmente si è dovuto ricredere; per chi non ne aveva, è stata un'occasione unica di vivere la pienezza di una performance musicale.

 

FORMAZIONE

Paolo Conte

Nunzio Barbieri: Chitarra e Chitarra Elettrica
Lucio Caliendo: Oboe, Fagotto, Percussioni e Tastiere
Claudio Chiara: Sax Contralto, Sax Tenore, Sax Baritono, Flauto, Fisarmonica, Basso e Tastiere
Daniele Dall’Omo: Chitarre
Daniele Di Gregorio: Batteria, Percussioni, Marimba e Piano
Luca Enipeo: Chitarre
Francesca Gosio: Violoncello
Massimo Pitzianti: Fisarmonica, Bandoneon, Clarinetto, Sax Baritono, Piano e Tastiere
Piergiorgio Rosso: Violino
Jino Touche: Contrabbasso, Basso elettrico e Chitarra Elettrica
Luca Velotti: Sax Soprano, Sax Tenore, Sax Contralto, Sax Baritono e Clarinetto

 

SCALETTA

Aguaplano
Sotto le stelle del jazz
Come di
Alle prese con una verde milonga
Ratafià
Recitando
Uomo camion
La frase
Dal loggione

 

Dancing
Gioco d’azzardo
Gli impermeabili
Madeleine
Via con me
Max
Diavolo rosso
Le chic et le charme

 

Il maestro
Via con Me

 

 

Informazioni aggiuntive

La fredda serata di Locarno si scalda sulle note di Pharrell Williams, che riesce a muovere e smuovere il pubblico della Piazza Grande con il ritmo intenso dei suoi brani.

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