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Martedì, 05 Febbraio 2013 11:03

Real Life // Simple Minds

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Real Life // Simple Minds Real Life // Simple Minds

Nono album da studio del gruppo scozzese, Real Life vede i nostri ridotti sostanzialmente a duo, composto da Kerr e Burchill con il fido Mel Gaynor alla batteria. Questo disco è il classico esempio di insieme di canzoni discrete, ben suonate ed arrangiate, ma, curiosamente, lascia una generale sensazione di incompletezza.



Si parte con la title track, Real Life dal testo abbastanza “apocalittico”, sulle rogne del mondo, con intermezzi dedicati all’amore (come rifugio per lasciarsi tutto alle spalle), tematica resa in modo non efficacissimo per mancanza di mordente: rivestita di rock deciso avrebbe catturato meglio l’idea. See The Lights è il brano della maturità, esprime malinconia, una sorta di fine della gioventù decretata con schiettezza ("I Can’t Tell You Lies") ed accompagnata da una melodia pensierosa, rafforzata dal coretto gospel che rappresenta una costante del disco. Woman è il brano più convincente della prima parte, rarefatto e d’atmosfera, fuori dagli schemi stilistici della band, crea quantomeno una certa tensione positiva. Il lato si completa con due pezzi rock piuttosto affini espressivamente, ossia Let There Be Love e Stand By Love, vigorose e spalmate di ricorrenti richiami U2, echi di una conflittualità non ancora risolta, forse non a caso scelte come singoli. Let The Children Speak è la traccia in qualche modo “politica” del disco, retaggio remoto dell’opera precedente,vorrebbe forse riuscire come inno generazionale ad uso e consumo di chi non era allora neanche nato, ma in qualche modo appare non del tutto sentito e comunque piuttosto isolato dal tono generale dell’album.

Apriamo il lato successivo con African Skies,sorprendentemente il brano più intrigante, basato su una ripetizione di accordi dominati da un piano leggermente dissonante e bonghi e percussioni a volontà, e per fortuna non appesantito da liriche retoriche e celebrative di un terzo mondo “in progress”, il che non è semplice trattandosi di brano “world”. Con Ghostrider tornano preponderatamente di moda i suoni duri pre-Street Fighting Years, il nostro Mel sfodera addirittura un 4 /4 raddoppiato manco fossero dei ventenni punkrock, (anche il trash delle parole riporta in un certo modo al decennio precedente). Lirismo ed intensità in Rivers Of Ice, composta con Mac Lachalan, che arriva, si lascia ascoltare e si libra leggera nel firmamento del dimenticabile. When Two Worlds Collide chiude l’album esattamente dove Real life l’aveva aperto, con tematiche e melodie complementari alla title track. Che resta dall’ascolto di questo disco? Attenzione alla collocazione temporale: 1991. Dopo la grande abbuffata rock-pop-new wave degli eighties, la svolta politico-sociale accennata in Street Fighting viene corposamente abbandonata. Real Life mostra delle musiche decenti, arrangiamenti variegati, disparate formule melodiche a testimoniare la buona volontà di Burchill & Kerr di non emettere un prodotto noioso. Ciò che non mostra è una precisa inclinazione ad abbracciare una qualsiasi ideologia artistico-culturale che dia alla band una ragione per continuare nell’ultimo decennio del secolo. Sarà un problema comune a molte band esplose negli ’80, prime tra tutte gli U2, che videro passare dieci anni tra Achtung Baby e All That You Can’t Leave Behind prima di superare quest’impasse, o i REM, con la loro crisi post-Berry giunta nel ’97. Nel caso dei ragazzi di Glasgow, dall’ascolto di quest’opera è palpabile la sensazione di trovarsi su un vascello la cui rotta è tutta da stabilire. Nonostante gli sforzi, il risultato è piuttosto anonimo; ad esempio manca la canzone simbolo della Nuova Era, o meglio, del Nuovo Sogno D’oro, tanto per parafrasarli. Uno pensa di esserci quando parte Banging On The Door, coi suoi tre accordi ribaditi dal piano elettrico che fa tanto Alive And Kicking, invece il brano si perde etereo per i cieli di Scozia difettando della grinta necessaria a farne un hit che lasci il segno.

La qualità preponderante di ogni pezzo è che non dà piacere, non coinvolge, ed è un difetto imperdonabile, visti gli innegabili standard innovativi della band nel corso degli anni ottanta, e non riuscendo a suscitare emozione, l’intero album si riduce ad un episodio facilmente trascurabile.

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Letto 1890 volte Ultima modifica il Martedì, 05 Febbraio 2013 11:15
Alfonso Gariboldi

Poesie, racconti, recensioni: la caleidoscopica  proposta di Alfonso Gariboldi per AMA music si traduce in una acuta retrospetiva che indaga vizi e virtù degli album che hanno fatto la storia della musica. Ogni sua recensione è arricchita da un collegamento storico, un aneddoto, una riflessione sagace che contribuisce a delineare lo stile irreprensibile e irriverente della rivista.

Per ulteriori informazioni circa l'attività letteraria di Alfonso rimandiamo al suo sito personale www.alfonsogariboldi.it

Sito web: www.alfonsogariboldi.it

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