Resta quindi da capire quale sia stato il motivo di questa operazione, che bisogno ci fosse di una messa in scena senza arte nè parte, non tanto per il pubblico, (dato che la risposta mi sembra abbastanza lampante: nessuno), quanto per l'artista che poco o niente è riuscito ad aggiungere alla propria poetica con questa forma di spettacolo ibrida, che non sembra essere per nulla nelle sue corde.
Ma passiamo allo spettacolo vero e proprio, che inizia con un lungo monologo introdutivo. Di buttarla sul comico, tuttavia, non se ne parla: le risate del pubblico sulle battute in apertura sono più la conseguenza di un autocompiacimento autoctono, ben nutrito dall'eccitazione per la fama del personaggio sul palcoscenico, che una reazione spontanea ad un sottile umorismo.
Proviamo quindi a spostare l'attenzione sui contenuti, sulle storie e i volti "di lago", raccontati dal cantautore durante un percorso narrativo di quasi tre ore: personaggi che non hanno avuto storie di fama e successo, non hanno vissuto per essere ricordati, personaggi veri, comuni...forse anche un po' troppo comuni.
Ecco quindi gli uomini della Falck di Sesto San Giovanni, "il zio Tony", la giovane sarta (oggi anziana) che parte dal suo piccolo paese e affronta la metropoli meneghina ritrovandosi costumista alla Scala, il pugile rimasto campione per pochi minut, i contrabbandieri lariani. Le storie narrate scorrono assieme alle immagini in movimento, spezzoni del film-operaprima di Davide Van De Sfroos (co-regia di Dario Tognocchi), e alla musica, sicuramente la parte migliore dello spettacolo, grazie a violino di Angapiemage Galiano Persico e alla naturale predisposizione del cantautore monzese.
Una carriera artistica ha bisogno di essere movimentata, vissuta, sperimentata: la speranza è che questa fase della carriera di Davide Van De Sfroos che nei prossimi giorni lo porterà a varcare i confini italiani fino al Teatro di Locarno, lo porti anche a dei risultati che assistendo a questo spettacolo non sono riuscita ad apprezzare.