MANOMANOUCHE QUARTET
Luogo: Melo, Gallarate (VA)
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Nunzio Barbieri - chitarra Luca Enipeo - chitarra Jino Touche - contrabbasso Massimo Pitziani - fisarmoni |
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Le parole non servono: sono i gesti, gli sguardi, le sfumature di colore a guidare le note dei Manomanouche, quartetto zingaro nel tocco e nel piglio, che non sosta nemmeno per il tempo di una canzone.
E’ affidato alla chitarra di Nunzio Barbieri il compito di introdurre il pubblico al gipsy jazz dei Manomanouche Quartet. La base ritmica di contrabbasso e chitarra coglie il momento ed incalza, spingendo la fisarmonica sd impadronirsi della scena; uno stop, un solo di Jino Touche e l’ensamble ripropone il tema principale che porta alla chiusura del primo brano. Il ritmo gitano del pezzo successivo è lo sfondo del solo acrobatico di Barbieri: Massimo Pitziani lo scruta, si compiace e lo segue virtuoso fino allo scrosciare degli applausi.
Segue un tre quarti sostenuto ed arioso, un valzer gipsy-musette su cui la fisarmonica respira e spiega ampiamente le ali: chissà quanti dei presnti si sono sentiti trasportare, per il tempo della canzone, in un’antica brasserie sulle rive della Senna.
Pochissime parole di ringraziamento di Nunzio Barbieri precedono la sognante Manoir des Mes Reves, blanda composizione di Django Reinardth in cui chitarra solista e fisarmonica dialogano, si rincorrono, intrecciano e poi districano armoniosamente.
Prima della pausa ecco il quartetto alle prese con la celebre Minor Swing: prima le due chitarre tacciono, poi entrano in crescendo con un arpeggio ipnotico riproposto subito dopo dalla fisarmonica. Il pezzo si dilunga in una serie di falsi finali, quasi a voler suggerire l’importanza della contaminazione (o l’ascendente rock?) nella musica dei Manomanouche: la sei corde cita con una disinvoltura sconfinante nell'ironia Michelle (Beatles), Babe I’m Gonna Leave You e Stairway To Heaven (Led Zeppelin), Smoke on the Water (Deep Purple), e addirittura la Marcia alla Turca di Mozart, prima di arrendersi al finale.
Il rientro dopo la pausa è inaugurato da un arpeggio ossessivo della chitarra solista, ancora una volta seguita a ruota da un assolo di fisarmonica degno del Volo del calabrone: non è improvvisazione ciò che sta accadendo sul palco del Melo, è di più, un vero e proprio atto creativo guidato da un sottile filo d’intesa. Ancora un pezzo spagnoleggiante che vede Jino Touche esibirsi in un assolo accompagnato esclusivamente dal picchiettare ritmato delle dita degli altri musicisti, e poi a richesta arriva Que Reste-t-il De Nos Amours?, di Charles Trenet; il tempo viene aumentato prima del finale, ancora una volta all’insegna della citazione: canzoni popolari e inni francesi, questa volta. Il concerto termina con Tears, melodia languida, ideale per un congedo.
Il quartetto, nonostante l’indicazione di Barbieri che sottolineava ironico come i bis si possano tranquillamente ascoltare sul CD in vendita, rientra in scena per quel rituale cui - pare - nessuno può sottrarsi. Ecco quindi Bossa Dorado, gli applausi della sala gremita e i Manomanouche che ripongono gli strumenti acustici nelle custodie. Speriamo di incontrarli al più presto durante il loro girovagare tzigano.
Per il secondo appuntamento del mese di febbraio 2012, martedì 21 alle ore 21.00 in Sala Planet, via Magenta 3 a Gallarate (VA), si esibirà sul palco il Manomanouche Quartet, formazione composta da Nunzio Barbieri (chitarra), Luca Enipeo (chitarra), Massimo Pitzianti (accordion) e Jino Touche (contrabbasso).
Il progetto Manomanouche nasce nel 2001 dall’incontro di musicisti di differente estrazione, con l’intento di far conoscere ad un pubblico più vasto la cultura e la tradizione musicale degli zingari Manouches. Nell’arco di soli tre anni Manomanouche diventa una realtà di riferimento nel panorama Gypsy Jazz, un caso unico per la qualità della ricerca, dell’arrangiamento e per la valenza personale ed emotiva che questo progetto ha per i suoi musicisti. La loro intensa attività concertistica li porta a assumere e consolidare uno stile sempre più personale, ricco di contaminazioni diverse, ma senza mai dimenticare l’essenza, lo spirito che li caratterizza e dal quale traggono ispirazione. La loro proposta artistica è quindi caratterizzata da un originale e personale lavoro di ricerca del suono, degli strumenti e dell’approccio caratteristici dello Swing Manouche.
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