FELICE CLEMENTE QUARTET
Luogo: Art Blakey Jazz Club, Busto Arszio (VA)
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Felice Clemente - sassofono | Massimo Colombo - pianoforte | Giulio Gorini - contrabbasso | Massimo Manzi - batteria |
Il ritorno all’Art Blackey del Felice Clemente Jazz Quartet è l’occasione per portare al cospetto del pubblico i brani tratti da Nuvole di carta, ultimo lavoro fresco di pubblicazione.
Il quartetto inaugura la serata con The Second Time, il cinque quarti che apre anche l’album da cui è tratto, Blue Of Mine.
Lenta e malinonica, Nuvole di carta è introdotta dal pianoforte di Massimo Colombo: il brano sembra non voler accettare la fine indugiando su una serie su false chiusure prima che il rientro corale lo conduca al termine definitivo.
Segue Paradossi, tratta dallo stesso album ma in completa antitesi con la title track. A guidarla è una sorta di frenesia accompagnata ad una ricerca di suoni che vanno al di là della normale percezione: corde del pianoforte stoppate e pizzicate a mani nude, aste percosse dalle bacchette, ritmo singhiozzante e note di sax sporcate dal growl.
Il sax soprano introduce il brillante tema della successiva The Courage to Try prima dell’incipiti classico, quanto incisivo, di Lost In Blues, traccia a firma Giulio Gorini: il sassofono prende il volo sulle scale di contrabbasso fino allo stop dei battenti di Massimo Manzi, quindi il quartetto riattacca (quasi) in contemporanea per il finale ricalcato sull’inizio.
Aneddoti, brano di Massimo Colombo, sancisce la chiusura della prima parte della performance.
Al rientro, sul palcoscenico ci sono solo Colombo e Clemente per due brani introspettivi, due notturni (n. 2 e n. 5) tratti dal terzo ed ultimo album citato durante la serata: Doppia Traccia, che di notturni a firma Colombo ne contiene nove.
Si ritorna a Nuvole di carta con The young prince and princess, tratto dalla suite di Rimskij Korsakov ispirata a Le Mille e una notte per poi passare a To Clifford, omaggio swingante e incalzante di Massimo Colombo a Clifford Brown.
To Mjg ci accompagna con l’andamento spedito del terzinato verso la fine del concerto. A tracciare il passo del pezzo è Massimo Manzi, subito seguito da sax soprano, contrabbasso e pianoforte; un assolo di batteria e si riparte col tema iniziale che porta alla chiusura.
Il bis in levare stacca dal resto del concerto e accompagna all’usicta il pubblico dell’Art Blackey Jazz Club, come sempre coccolato dalle scelte artistiche dell’organizzazione.
NICOLA MINGOwww.myspace.com/nicolamingo Luogo: Blue Note, Milano
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Nicola Mingo - chitarra | Roberto Tarenzi - pianoforte | Giorgio Rosciglione - contrabbasso Gegè Munari - batteria |
Nicola Mingo approda al Blue Note di Milano per mettere in scena il suo ultimo lavoro: We Remember Clifford è un tributo al Clifford Brown in cui composizioni originali si alternano a brani rivisitati del celebre trombettista hard bop.
L’apertura della serata è affidata agli accordi iniziali di Brown’s Blues, brano a firma Mingo, eseguiti sulla sei corde dall’autore: classico minor blues in puro stile hard bop, ci fornisce il primo assaggio del tocco dell’ensemble attraverso gli assolo di chitarra, piano e contrabbasso; stessa sequenza per la successiva Daahoud, la cui esecuzione risulta però sporcata da un paio di corde calanti della chitarra.
La ritrovata accordatura coincide con lo scoccare dell’interplay nell’esecuzione di Sandu: l’intesa diventa tangibile nel dialogo tra chitarra e batteria, che chiude il pezzo con i tre spericolati stop and go. Si approda quindi al ritmo incalzante della title track di album e concerto, We Remember Clifford, in cui il giovane Roberto Tarenzi non risparmia nemmeno un’ottava durante il raffinato assolo che merita l’inchino di Nicola Mingo; dopo il breve solo di Giorgio Rosciglione bastano pochi attenti accordi di pianoforte per rincondurre il quartetto verso il finale in cui i musicisti giocano con false chiusure fino a quella definitiva.
Gli animi si placano con la seguente ballata inedita composta da Clifford Brown per la moglie, La Rue, ma basta poco perchè Gegè Munari faccia ritornare alti i livelli di adrenalina sul palco e tra il pubblico grazie ad uno scoppiettante assolo in The Blues Walk, mentre Rosciglione, forse memore dei suoi trascorsi nelle orchestre di Rota e Morricone, come un regista esperto dirige con sobria autorità l’evolversi dell’esecuzione.
Un’originale sovrapposizione tra il tema di Poinciana e Joice Spring (Brown) precede il brano scelto per la chiusura, Narona (Mingo), ma il quartetto non può abbandonare il palco prima di concedere al pubblico il rituale bis richiesto a gran voce da tutto il locale. Il pezzo designato per il rientro in scena è Cherokee, standard firmato da Ray Noble su cui Gegè Munari a briglia sciolta sfodera tutto il suo temperamento partenopeo per terminare in bellezza la serata: dopo aver misurato con le bacchette ogni componente della sua batteria, si alza in piedi e continua il suo assolo strabordante percuotendo il leggio ed infine le corde del contrabbasso per dare vita, con la complicità di Rosciglione, ad un siparietto che strappa al pubblico un sorriso e l’ultimo applauso scrosciante.
I ringraziamenti finali vanno al produttore Franco Galliano che, dice Mingo «Ha reso possibile la realizzazione di questo lavoro» e ad una vecchia conoscenza dei tempi della naja che Giorgio Rosciglione, a distanza di cinquant'anni, ha avuto modo di ritrovare proprio tra i tavoli del Blue Note: a riprova del fatto che il jazz sa creare legami indelebili che non conoscono limiti di spazio e tempo.
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FEATURING: Antonio Faraò Marco Panascia Tommy Campbell |
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