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Mercoledì Aprile 24, 2024
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Magenta Jazz festival - XIV edizioneMagenta Jazz Festival
XIV edizione

Giunto alla 14ma edizione, il festival è organizzato dal Comune di Magenta, in collaborazione con la Maxentia Big Band che ne cura la direzione artistica. Da quest'anno è inserito nel circuito 'Il ritmo delle città'.

 

PROGRAMMA

Scarica il depliant

  • domenica 13 novembre ­ ore 16.00
piazza Liberazione - Magenta (gratuito)
Maxentia "Young Blood" Big Band - concerto
la Big Band giovanile propone un repertorio classico di swing e funky
  • venerdì 18 novembre - ore 21.00
Nuova Sala Consiliare - via Fornaroli - Magenta
ingresso libero fino a esaurimento posti
serata dedicata alla tradizione gospel, conferenza storico-musicale sulla tradizione vocale del gospel a cura di Marco Brambilla; segue concerto del Free Gospel Band
  • domenica 20 novembre ­ ore 16.00
piazza Liberazione - Magenta (gratuito)
Maxentia Combo Jam - concerto
  • venerdì 25 novembre - ore 21.00
Teatro Lirico - via Cavallari, 2 - Magenta
ingresso: euro 8,00
Sacred Concert di Duke Ellington nella versione di Høybye/Pedersen
con la Maxentia Big Band - Fiorenzo Gualandris, direttore e con il coro Free Gospel Band - Marco Brambilla, direttore
Monica Della Vedova,soprano
  • sabato 26 novembre - ore 16.00
piazza Liberazione - Magenta
Chicago Dixieland Brass Band - Street Parade
Formazione:
Giancarlo Mariani (tromba), Francesco Licita (clarinetto), Alberto Schinelli (sax tenore), Eucherio Gatti (trombone), Alberto Guareschi (banjo), Francesco Borgonovo (tuba), Alessio Pacifico (rullante)
  • sabato 26 novembre - ore 21.00
Teatro Lirico - via Cavallari, 2 - Magenta
ingresso: euro 8,00
Martha J. e Francesco Chebat Quartetto ­ concerto
Dance your Way to Heaven
con Martha J. (voce), Francesco Chebat (pianoforte), Roberto Piccolo (contrabbasso) e Tony Arco (batteria)
  • domenica 27 novembre - ore 16.00
piazza Liberazione - Magenta
Maxentia Brass Band - Street Parade
  • domenica 27 novembre - ore 21.00
Teatro Lirico - via Cavallari, 2 - Magenta
ingresso: euro 8,00
Trovesi-Coscia-Bertoli Trio - concerto
In cerca di cibo
con Gianluigi Trovesi (clarinetto e sax), Gianni Coscia (fisarmonica) e Stefano Bertoli (batteria e percussioni)

Abbonamento per i tre concerti (dal 25 al 27 novembre): 15,00 euro, singolo concerto 8 euro
Prevendita abbonamenti:
biglietteria Teatro Lirico martedì e giovedì ore 10-12 / 17-18 e sabato ore 10-12
Per informazioni: 02.97003255

Prenotazione on-line dal 15 novembre su:

Pubblicato in Notizie

Tra spirito da bottega e professionalità, un seminario che germoglia

di Lorenzo Manfredini

Chieti in jazz 2011E’ in una delle prime “serate da cappotto” che Chieti respira l’aria calda del Jazz. Nei palchetti dello splendido teatro “Marrucino”, mezzo pieno (e non mezzo vuoto), si fa strada la voce di Stefano Zenni, presidente della Sidma e organizzatore del progetto Chieti in Jazz. Dalle sue parole si evince una forte soddisfazione quando, presentando i musicisti della Sidma Jazz Orchestra, fa leva sul fatto che la maggior parte di questi siano giovani abruzzesi; testimoni ultimi di un fermento che sotto sotto scuote l’ignoranza e il disinteresse da cui spesso siamo circondati.

A luci spente, è Roberto Spadoni che spiega la particolarità del progetto, di come sul palco saranno due distinte formazioni (Combo e Big Band) a suonare gli arrangiamenti dei ragazzi partecipanti al seminario. Ed è subito musica.

Il piccolo gruppo comincia a far sentire ciò che ha da dire, forse per l’emozione, solo dopo il primo impatto. Ma il tono è pacato, non spento. Non c’è bisogno di scintille per far suonare come si deve l’evanescente There Is No Greater Love, e in Au Private già si cominciano a schioccare le dita. Ma è con la Big Band che le orecchie vengono soddisfatte. L’impatto sonoro con la sezione di fiati accende l’aria in uno spassoso arrangiamento di To Totò. Le percussioni entrano in scena e ritmano i lavori degli “allievi” che con una bella miscela di brani fanno cenni ammiccanti alle loro influenze. In I Mean You fa eco il Jungle Style. L’arpa in September Song si fa spazio dal piccolo centro del palco e rende per un attimo intima l’atmosfera.

Il maestro Spadoni dirige nel clima disteso che ha contribuito a creare e fa gli onori di casa presentando i vari musicisti che si alternano sul palco. E’ magnetico il trio di voci femminili nel quale “le belle” della serata cantano So in Love, ed è a dir poco azzeccato il finale, un trionfante arrangiamento della colonna sonora di Ritorno al Futuro. E’ dunque tra i sinceri e calorosi applausi del pubblico che si conclude quest’edizione del Chieti in Jazz Festival, una realtà vera, di quelle che mancano da noi. La scioltezza con cui sono trascorsi gli otto giorni di programma (nei quali oltre al concerto finale e alle lezioni del seminario si è svolta la Masterclass con Javier Girotto e il suo relativo concerto) è una chiara testimonianza di quanta cura sia stata messa nell’organizzazione.

Ciò che forse è mancato e andrebbe rivisto nelle prossime edizioni, è il dare l’opportunità ai compositori dei pezzi per Combo di dirigere i loro stessi arrangiamenti. “Di lui è stato detto…” che forse era pomposo chiamarlo festival; ma lo spirito della parola stessa e quello dello svolgimento del progetto, lo rendono tale molto più di tante altre realtà ben più blasonate.

Alla fine non è solo la grandezza che rende “grande” qualcosa.

Pubblicato in Rock

MARTEDÌ dalle 21.00 alle 24.00 in SALA PLANET SOUL

La rassegna jazzistica, giunta alla sua undicesima edizione, offre con le sue proposte artistiche di altissima qualità, un grande spettacolo dal vivo sul palco del Planet Soul. Gli artisti più prestigiosi del panorama nazionale e internazionale si alternano dando vita ad un percorso cultural-musicale rivolto ad un pubblico appassionato ed esigente.

 

 

 

 

Programma 2010

12 OTTOBRE
FREEJANGO

LUCA CAMPIONI, violino
RICCARDO BIANCHI, chitarra
MARCO RICCI, contrabbasso
TOMMY BRADASCIO, batteria

26 OTTOBRE
YURI GOLOUBEV – JUST MUSIC

YURI GOLOUBEV, contrabbasso
ROBERTO OLZER, pianoforte
FABRIZIO SPADEA, chitarra

9 NOVEMBRE
DINO RUBINO trio

DINO RUBINO, pianoforte
PAOLINO DALLA PORTA, contrabbasso
STEFANO BAGNOLI, batteria

23 NOVEMBRE
CLAUDIO CAPURRO quartet

CLAUDIO CAPURRO, sax
MASSIMO CURRO’, chitarra
LORENZO SANDI, contrabbasso
MATTEO OTTONELLO, batteria

14 DICEMBRE
’S WONDERFUL quartet

LARA IACOVINI, voce
RICCARDO FIORAVANTI, contrabbasso
ANDREA DULBECCO, vibrafono
FRANCESCO D’AURIA, percussioni

 


 

 

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'S WONDERFUL QUARTET

Luogo: Il Melo, Gallarate (VA)
Data: 14 dicembre 2010
Evento:  Jazz Appeal 2010
Voto: 5

LARA IACOVINI: voce
RICCARDO FIORAVANTI: contrabbasso
ANDREA DULBECCO: vibrafono
FRANCESCO D’AURIA: batteria e percussioni

Ci aveva già pensato Conte, a suo tempo, a legare indissolubilmente quella “s” alla parola “wonderful”, ma in quel caso era più per ragioni metriche (e di pronuncia) che concettuali.
Diverse le premesse che hanno portato al concepimento del nome del quartetto in questione: il ragionamento è piuttosto articolato ed ha una duplice matrice. Duplicità che ritorna anche a livello musicale e compositivo nei brani riarrangiati e suonati dallo ‘S Wonderful quartet.
Ciò che viene proposto è una rivisitazione del repertorio di «due grandi artisti del 900» per citare l’introduzione di Laura Iacovini, il primo dei quali viene subito svelato grazie alla significativa - soprattutto per la serata - Wonderful: George Gershwin. La chiave di lettura completa l’abbiamo con la successiva I Wish di S. Wonder: il gioco è fatto.

Il quartetto, capitanato dalla coppia Iacovini-Fioravanti, nasce da un’idea del contrabbassista che si propone di riarrangiare in chiave jazz i brani del divino Wonder e rileggere le composizioni del sacro Gershwin in una sorta di inversione delle parti che dimostri come «in fondo i due personaggi non siano così distanti l’uno dall’altro».
A rompere il ghiaccio è il vibrafono di Andrea Dulbecco, il miglior candidato a sprofondare la platea nell’atmosfera fiabesca che così bene si addice ad un concerto pre-natalizio.

Cambio di rotta per la successiva I Wish, introdotta da un trascinante riff di contrabbasso che sostiene il brano fino all’entrata, nella seconda strofa, degli altri strumenti. Si continua con il Wonder di You Are The Sunshine Of My Life, in una morbidissima versione accarezzata dalle spazzole di D’Auria. Il contrabbasso si ritaglia lo spazio per un assolo prima che, al ritorno del tema, rientri anche la voce per il gran finale.
Dopo il tris di Wonder il pallino passa a Gershwin con Facin In The River che sprigiona l’indole più selvaggia di Francesco d’Auria: con un balzo dalla batteria al cajon anche il registro sonoro viene sbalzato verso una nuova dimensione, fresca, autentica, tribale. Il giochetto ingaggiato dalla Iacovini, in cui il pubblico viene sfidato ad indovinare i titoli dei brani, continua con un “aiutino” da parte della cantante «E’ tratto da Porgy And Bess, ma non è Summertime» (cui, per altro, sarà riservato il posto d’onore del bis); quindi i musicisti si preparano alla prevedibile I Love You Porgy.

Ormai giunti al sesto brano bisogna prendere coscienza del fatto che la nitidezza traballante delle note tenute,  le esitazioni sugli acuti ed un’intonazione spesso calante non dipendono da una questione di riscaldamento, ma probabilmente da una serata no della vocalist, accentuata da un’espressività non proprio brillante. E la prima parte del concerto si chiude con Master Blaster in cui Andrea Dulbecco si rende protagonista con un assolo di vibrafono.

Il rientro dei musicisti in scena segna l’inizio della parte più libera ed estrosa del concerto. Parte Fioravanti con uno solo sleppato di contrabbasso e poi D'Auria si cimenta nella "prova" dell'hang, suonato rigorosamente a mani nude: eccezione della serata, I sogni di Piero è un brano origiale del percussionista.
Approfittando della postazione - l'hang si suona seduti, sul cajon in quest'occasione - D'Auria inizia a picchiettare al ritmo, neanche a dirlo, di I Got Rhythm.
Non plus ultra, Summertime segna la fine di un concerto che avrebbe forse necessitato di un po' più di passione e consistenza per essere degna conclusione di Jazz'Appeal 2010.

Pubblicato in Jazz

ALIFFI- D'AURIA SEXTET
CON MICHEL GODARD

Luogo: Teatro Lirico, Magenta (MI)
Data: 26 novembre 2010
Evento:  Magenta Jazz Festival 2010
Voto: 7

Maurizio Aliffi: Chitarra.
Francesco D’Auria: Batteria e percussioni.
Marco Ricci: Contrabbasso.
Luca Gusella: Marimba.
Beppe Caruso: Trombone e Tuba.
Marco Brioschi: Tromba.
Roberto Martinelli: Clarinetto e Sax Contralto.
Michel Godard: Tuba e Serpentone.

Se vi stupisce vedere tubi pluviali ed atri oggetti impropri su un palcoscenico allestito per uno spettacolo jazz, probabilmente non avete mai assistito ad un concerto di Francesco d’Auria. Se poi trovate singolare che un componente della sua formazione maneggi un ottone colorato di nero a forma di biscione, forse non sapete nemmeno che, accanto al suo sestetto, il percussionista siciliano ha schierato lo special guest Michel Godard. Niente di più normale, infatti, che vedere il musicista parigino destreggiarsi tra questo affascinante serpentone ed una tuba azzurra, sfoderata, al solito, come strumento solista.

Sembra un riferimento esplicito al curioso strumento il primo pezzo, Mamba Nero, aperto e chiuso dai duettanti D’Auria e Godard e composta da Aliffi; il chitarrista è autore anche della successiva Pesci nell’acqua, brano blando ed ondeggiante, accarezzato dal fruscio delle spazzole sulle pelli e dall’archetto sulla marimba.
L’introduzione della successiva Saturnia è affidata al flicorno di Marco Brioschi, che passa subito dopo alla tromba sordinata per l’atmosfera sognante di Un amore (D’auria), creata anche grazie all’assolo di marimba di Luca Gusella.


I giochi di parole sembrano essere un debole dal leader percussionista, che non a caso intitola To Be il suo successivo brano originale. L’escamotage consiste nel percuotere una serie di tubi pluviali di lunghezza differente con dei battenti di gommapiuma pressata e il risultato è un suono ovattato, dolce ed avvolgente. Per I sogni di Piero, D’Auria mette finalmente le mani sull’hang che dall’inizio del concerto campeggia al centro della scena incuriosendo e stuzzicando la fantasia dei meno avvezzi. Il titolo stesso lascia intuire il suono onirico che quello strano aggeggio a forma di UFO è in grado di produrre, soprattutto se supportato dalle note rarefatte della chitarra e dalle successioni sinuose di Godard.


C’è ancora spazio per una composizione a firma Martinelli e per Upupa prima che D’Auria inizi ad agitare vorticosamente un tubo flessibile sopra la testa (una tecnica che affonda le sue radici in primitive pratiche di tele-comunicazione) per introdurre Sottomarini e pattini; il brano è il pretesto per un lungo assolo del percussionista che passa con disinvoltura dalle mazze da timpano alle canoniche bacchette.

A concerto terminato, la metà dei musicisti esce di scena, l'altra metà non intende le intenzioni e resta al suo posto: "abbiamo preparato i bis - sdrammatizza D’Auria al rientro sul palcoscenico - ma non gli applausi». Tri Bop segna la chiusura definitiva di un concerto che ha incantato e divertito il pubblico, mancando tuttavia di un po' di quella verve che generalmente fa la differenza durante un'esibizione live.

 


Pubblicato in Jazz

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