La scorsa primavera 100mila spettatori hanno seguito il Torino Jazz Festival in tutte le sue “anime”. Quest’anno la rassegna torna, dal 26 aprile al 1° maggio, per confermarsi, nella seconda edizione, come manifestazione di grande attrazione, con una programmazione ancora più ricca di concerti, progetti speciali e prime nazionali.
Dopo il successo della prima edizione - oltre 100mila persone hanno assistito ai 60 concerti che hanno trasformato la città della Mole in capitale della musica afro americana – il Torino Jazz Festival torna nel cuore di Torino sotto la direzione artistica di Stefano Zenni. Piazza Castello, piazzale Valdo Fusi e via Po ospiteranno importanti eventi musicali aperti a tutti, a conferma della natura popolare dell'iniziativa. Ai Murazzi tornerà la sezione "Fringe": qui gli artisti si esibiranno in locali, circoli e pedane sul fiume Po.
Non aspettatevi di sentirvi raccontare una storiella biografica, non pensate di arrivare a metà di una conferenza di Stefano Zenni e conoscere vita e opere del personaggio di cui parla: è un'illusione che non vi darà mai. Ma, quando avrà finito di parlare, quel personaggio lo sentirete più vicino, quasi fosse un amico che vi ha confidato qualcosa di sè, intimamente. Ed è proprio questo il punto ideale da cui iniziare a conoscerlo.
Nel corso del quarto appuntamento di Conoscere il jazz 2012, Stefano Zenni lascia che sia Charles Mingus a spiegarsi, gli permette di farlo attraverso la sua musica, le note di copertina che lui stesso (o il suo psicanalista!) ha lasciato. Sublime e sottile intermediario tra l’artista e pubblico, Zenni, quando racconta aneddoti, persone o episodi della vita di Mingus, lo fa per aiutarci a comprendere il significato della sua eredità artistica, la sua musica, ciò che in fondo ha voluto lasciarci.
Per questo motivo gli ascolti che Stefano Zenni riesce, per quanto complessi, a rendere accessibili anche ai non addetti ai lavori, sono una componente fondamentale della narrazione, oltre a qul pizzico di ironia che permette di lubrificare il discorso anche nei punti più spessi.
Quarta delle cinque conferenze del ciclo, The Black Saint. Biografia in musica di Charles Mingus tra composizione e improvvisazione denota ancora una volta l'alto livello delle proposte di Bollate Jazz Meeting, che il pubblico sembra apprezzare notevolmente, data la serie di domande sottoposte al relatore dopo due ore di conferenza.
Marzo 2012 – Ore 21
Bollate Palazzo Seccoborella (piazza C.A.Dalla Chiesa 30)
Contaminazioni nella scena musicale e culturale americana
di Lorenzo Manfredini
E’ in una delle prime “serate da cappotto” che Chieti respira l’aria calda del Jazz. Nei palchetti dello splendido teatro “Marrucino”, mezzo pieno (e non mezzo vuoto), si fa strada la voce di Stefano Zenni, presidente della Sidma e organizzatore del progetto Chieti in Jazz. Dalle sue parole si evince una forte soddisfazione quando, presentando i musicisti della Sidma Jazz Orchestra, fa leva sul fatto che la maggior parte di questi siano giovani abruzzesi; testimoni ultimi di un fermento che sotto sotto scuote l’ignoranza e il disinteresse da cui spesso siamo circondati.
A luci spente, è Roberto Spadoni che spiega la particolarità del progetto, di come sul palco saranno due distinte formazioni (Combo e Big Band) a suonare gli arrangiamenti dei ragazzi partecipanti al seminario. Ed è subito musica.
Il piccolo gruppo comincia a far sentire ciò che ha da dire, forse per l’emozione, solo dopo il primo impatto. Ma il tono è pacato, non spento. Non c’è bisogno di scintille per far suonare come si deve l’evanescente There Is No Greater Love, e in Au Private già si cominciano a schioccare le dita. Ma è con la Big Band che le orecchie vengono soddisfatte. L’impatto sonoro con la sezione di fiati accende l’aria in uno spassoso arrangiamento di To Totò. Le percussioni entrano in scena e ritmano i lavori degli “allievi” che con una bella miscela di brani fanno cenni ammiccanti alle loro influenze. In I Mean You fa eco il Jungle Style. L’arpa in September Song si fa spazio dal piccolo centro del palco e rende per un attimo intima l’atmosfera.
Il maestro Spadoni dirige nel clima disteso che ha contribuito a creare e fa gli onori di casa presentando i vari musicisti che si alternano sul palco. E’ magnetico il trio di voci femminili nel quale “le belle” della serata cantano So in Love, ed è a dir poco azzeccato il finale, un trionfante arrangiamento della colonna sonora di Ritorno al Futuro. E’ dunque tra i sinceri e calorosi applausi del pubblico che si conclude quest’edizione del Chieti in Jazz Festival, una realtà vera, di quelle che mancano da noi. La scioltezza con cui sono trascorsi gli otto giorni di programma (nei quali oltre al concerto finale e alle lezioni del seminario si è svolta la Masterclass con Javier Girotto e il suo relativo concerto) è una chiara testimonianza di quanta cura sia stata messa nell’organizzazione.
Ciò che forse è mancato e andrebbe rivisto nelle prossime edizioni, è il dare l’opportunità ai compositori dei pezzi per Combo di dirigere i loro stessi arrangiamenti. “Di lui è stato detto…” che forse era pomposo chiamarlo festival; ma lo spirito della parola stessa e quello dello svolgimento del progetto, lo rendono tale molto più di tante altre realtà ben più blasonate.
Alla fine non è solo la grandezza che rende “grande” qualcosa.
di Ferdinando d'Urso
La sera - buia e tempestosa, stavolta è proprio il caso di dirlo - del 9 Ottobre 2011 per alcuni non è stata una sera come tante. Dieci giovani compositori/arrangiatori hanno dimostrato, al calar delle luci nel Teatro Marrucino di Chieti, il loro indiscutibile talento al pubblico intervenuto numeroso nonostante le intemperie. Gli arrangiamenti, che i giovani artisti hanno realizzato sotto la guida dei maestri Roberto Spadoni e Bruno Tommaso durante il corso di Arrangiamento e Composizione organizzato dalla Società Italiana di Musicologia Afroamericana, hanno accompagnato l’uditorio lungo un cammino attraverso gli standard che hanno fatto la Storia del Jazz.
Dai classici There Is no Greater Love e Au Privave (qui riproposta da Antonio Arcieri in una versione che raffredda il Be Bop in un contrappunto Cool nell’accezione storica del termine) fino al meno sentito capolavoro di Cole Porter So in Love (realizzato da Gloria Trapani con un’interessante armonizzazione a tre voci). Accanto agli standard non sono mancate le composizioni originali; desidero ricordare soprattutto Let Ring, la delicatissima e sofisticata ballad di Marco Fior che dimostra tutta la maturità del suo autore. Entusiasmante il finale che ha riportato alla mente del pubblico la bianca DeLorean di Ritorno al futuro grazie all’adattamento per Big Band che Marco Vismara ha realizzato basandosi sulla partitura originale di Alan Silvestri. Ad eseguire i brani sono stati chiamati gli stessi partecipanti al corso, riuniti in un sestetto che ha intrattenuto il pubblico durante la prima parte del concerto, e la SIdMA Jazz Orchestra diretta dal maestro Roberto Spadoni. Dal suono deciso e compatto, l’orchestra si è arricchita per l’occasione anche del suggestivo colore dell’arpa di Alice Belardini. Notevole l’esecuzione del pianista Lorenzo Paesani che si è profuso in una serie di assolo sempre adatti e di incontestabile buon gusto.
Per chiudere la serata sono state consegnate dal presidente della SIdMA Stefano Zenni, da Luca Bragalini - docente del corso di Musicologia e Giornalismo Jazz - e dallo stesso Spadoni tre borse di studio andate a Cristina Cameli (per l’arrangiamento di Black Narcisus al quale è stato sovrapposto un testo scritto dalla stessa Cameli), a Gabriele Carbone (per una semplice quanto efficace realizzazione di My Romance) e a Costanza Alegiani (per una raffinata e modernissima versione di September Song che ricorda a tratti Maria Schneider). È stato precisato come le borse di studio non siano state consegnate ai “più bravi” arrangiatori del corso ma a coloro che hanno mostrato il maggior interesse per la materia e che avranno così modo di approfondirla ulteriormente l’anno prossimo.
Il concerto finale di Chieti in Jazz 2011 ha mostrato - se ce ne fosse ancora bisogno - come il nostro Paese possegga dei giovani talenti: speriamo che le amministrazioni locali comprendano l’importanza di tali iniziative e capiscano quanto queste facciano bene a tutti.
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