L'apertura è emblematica: L'ncantu è il brano che dà il nome all'album e ne riassume le peculiarità . Sono poche le canzoni che rompono gli schemi, esplodendo in una ritmica ossessiva (Sangu), rallentando con un racconto ipnotico (Amorte) o recitando su un accompagnamento tribale (La morti)
I testi del cantautore siciliano pescano nella cruda realtà , per evocare immagini astratte e oniriche, una poesia fatta di sensazioni che non manca di trasmettere anche quelle meno gradite. Sintomatico della volontà di Agghiastru di vincolarsi alla concretezza dell'espressione è, alternato alla lingua italiana, l'uso del vernacolo, idioma schietto e diretto per necessità , ruspante e genuino, legato alla terra, che in essa affonda le radici, come quell'ulivo selvatico (agghiastru per l'appunto) in cui il cantautore si immedesima e che ne riassume metaforicamente le intenzioni.
Spicca tra i brani una notevole predisposizione all'armonia che supera senza dubbio la facilità melodica: accattivanti i giri di accordi impreziositi dagli arrangiamenti di pianoforte, ma la linea del cantato sembra volersi subordinare al contesto e si concentra sui testi per diventare a volte un ridondante recitativo.
Tra i brani migliori dell'album, oltre alla già citata L'incantu, bisogna annoverare Ferru e focu, unica assieme a La stanza ad essere cantata in italiano; Paria, con l'iniziale carillon che si trasforma in un riff d'effetto; Suli, che si sviluppa su un uggioso giro armonico di chitarra acustica per aprirsi sul ritornello come una nube che lascia filtrare un raggio di luce.
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