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Venerdì, 08 Febbraio 2013 11:06

Songs From The Big Chair // Tears For Fears

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Songs From The Big Chair // Tears For Fears Songs From The Big Chair // Tears For Fears

In ambito musicale ci sono stati, e ci saranno sempre, casi in cui un solista o un gruppo se ne esca con un singolo, magari piacevole e ben suonato e subito dopo con un intero disco. L’ascoltatore medio, ma anche il critico medio, corre a procurarselo e talvolta scopre amaramente che trattasi di pacco. Ossia, di compiaciuta dilatazione fino a un’ora e più dei tre/quattro minuti del singolo, senza che il prodotto presenti variazioni di rilievo.

Un rischio del genere ricordo di averlo corso all’alba del 1985, e la precisazione temporale non è casuale, allorchè l’uscita del singolo Shout dei Tears for Fears ebbe un effetto deflagrante. Sei minuti di verace tribalità, di ritmica impetuosa, il refrain che entra in circolo e non si ferma più, il tema del ribelle di My generation rivisitato nell’età della sintetizzazione. Avevo quasi paura ad ascoltare il resto dell’album, invece, che sollievo!



“Songs From The Big Chair è il wall of sound definitivo degli strapazzati anni ottanta, un variegato contenitore di timbriche, suoni, cadenze ed armonie da gettare in faccia a chi sostiene che tra il ’79 e il ’91 (per stare larghi) la musica si creasse solo pigiando comandi artificiali. L’unico esempio in tal senso è in effetti dato dalla violenta, schizofrenica Mothers Talk, tecnoghiaccio duro come il ferro, un’espressione che estremizza le classiche sonorità del periodo annegando la melodia in un oceano di ritmi elettronici. Peccato che volti il lato (vinilmente parlando) e il raffinatissimo soul-jazz di I Believe ti fa per un momento sospettare di aver inavvertitamente cambiato disco. Slow motion e ricercatezza d’accordi ti rapiscono, finchè ti allontani in punta di piedi dalla hall, sulle note più gravi del pianoforte, a sfumare.


L’affascinante, magnetica The Working Hour approfondisce il concetto, con le sue tastiere ad ampio respiro, le inflessioni sincopate, i sofisticati passaggi di sax (ed i voli pindarici del lavoratore-sognatore illustrato nel testo). Villanamente però, le caotiche, urbane atmosfere di Broken ti rilanciano subito in pista, mentre il riff di tastiera ti avvolge come una pancera e la distorsione dissonante dell’elettrica ti istupidisce. Così balli, ti agiti e non rifletti, opportunamente, sulle dieci righe del testo che non rappresentano altro che il testamento di uno zombie. Per riprendersi, aggrappatevi all’easy listening (si fa per dire) del gioiellino light-rock Everybody Wants To Rule The World; sembra una filastrocca accattivante (da cui la selezione come 45) e si rivela all’ascolto un riuscito anatema contro l’imperante anelare al guadagno e al potere (perché, i nostri non vi ambivano?!?), con sberleffi distorti di chitarra sul finale.



Ma c’è una canzone “normale” nel disco? Certo, basta chiedere ed ecco il mid-tempo di Head Over Heels accorrere in aiuto, love song senza pretese con tanto di becero corettino finale a perfezionare il terzo e superfluo hit single dell’album. Non che sia brutta, tutt’altro, diciamo che rappresenta l’unica manifestazione di commercialità in senso lato, un buon esercizio pop che paradossalmente amplia le variazioni di colore della raccolta. E la fine dell’album è destinata a Listen, dolcissima ninna nanna a musicare un tragico haiku: alla fine della guerra (in Russia in questo caso), i bimbi soli e feriti ed il padre che emigra in cerca di una nuova terra promessa. Le tastiere lo accompagnano ad libitum, sembra di vederlo rimpicciolirsi sullo sfondo di un’alba di ricostruzione. E’ “speranza”?!? Non saprei dirlo, certamente è un’ottima chiosa per un’ottima prova. Non sarebbe corretto non rimarcare i meriti evidenti della brillante produzione di Chris Hughes, che tiene alte tensione e densità di suoni per l’intero album, ma il songwriting di Orzabal e soci compie davvero un grosso salto di qualità.



Songs From The Big Chair ebbe il merito di costringere il music business a prendere sul serio la band, che partirà per un lungo tour e si chiuderà poi in studio per fornire un degno sequel a quest’opera.

Informazioni aggiuntive

  • Autore: Tears For Fears
  • Etichetta: 1985
  • Anno di pubblicazione: Phonogram / Mercury
  • Album: Songs From The Big Chair
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Alfonso Gariboldi

Poesie, racconti, recensioni: la caleidoscopica  proposta di Alfonso Gariboldi per AMA music si traduce in una acuta retrospetiva che indaga vizi e virtù degli album che hanno fatto la storia della musica. Ogni sua recensione è arricchita da un collegamento storico, un aneddoto, una riflessione sagace che contribuisce a delineare lo stile irreprensibile e irriverente della rivista.

Per ulteriori informazioni circa l'attività letteraria di Alfonso rimandiamo al suo sito personale www.alfonsogariboldi.it

Sito web: www.alfonsogariboldi.it