|
LEONARD COHEN
Luogo: Lucca, Piazza NapoleoneData: 28 luglio 2008Evento: Summer festival |
Lucca, Piazza Napoleone, un bicchiere di vino rosso, un posto a sedere: lo scenario è impeccabile, il palcoscenico imponente. L'aria si carica di un misto di eccitazione e misticismo, sembra che nulla possa intaccare la perfetta atmosfera che precede l'ingresso di Leonard Cohen. Tuttavia, una pecca c'è: il cantautore canadese, puntuale come l'orologio che tiene al polso, inizia lo show come da programma, ma è il sistema ad incepparsi e qualche centinaio di persone restano bloccate all'esterno dell'area con i posti numerati. Riesco solo ad intuire le splendide Dance Me To The End Of Love e the The Future tra le urla della gente infuriata accalcata agli ingressi che non vorrebbe perdersi neanche una nota di un incipit così importante. Ancora qualche attimo di sofferenza e finalmente riesco a prendere posto; bastano pochi secondi perchè il timbro di Cohen spazzi via ogni traccia di nervosismo dal mio stomaco per riempirlo di pace ed emozioni positive.
Chitarra a tracolla (come accadrà per l'esecuzione di altri classici degli inizi) Cohen intona Bird on A Wire: l'interpretazione è da pelle d'oca, l'incantesimo completo. La scaletta non si abbassa mai di tono e l'ensamble dà il via a Everybody Knows subito seguita da In My Secret Life, un'escalation di successi che provoca ripetuti scrosci di applausi tra il pubblico entusiasta. Cohen non perde occasione per presentare la formazione composta da eccellenti musicisti. Sembra compiaciuto ed allo stesso tempo ammirato quando, alla fine di ogni assolo, si toglie il cappello e umilmente accenna un inchino per ringraziare l'esecutore che ricambia il gesto di stima.
E' il momento di Who By Fire, intonata come da copione duettando con la corista, e Hey, That's No Way To Say Goodbye prima che Anthem chiuda la prima parte del concerto, tenuto in perfetto equilibrio dall'alternanza di brani del primo Cohen e quelli tratti dalla sua discorafia più recente.
Dopo la pausa il menestrello settantaquattrenne torna sulla ribalta saltellando e il pubblico viene deliziato da brani del calibro di Suzanne, The Gypsy's Wife e Halleluja, la cui interpretazione, così densa e toccante, non avrebbe lasciato indifferente nemmeno l'animo più arido. La seconda parte del concerto trova conclusione (e un'altra occasione per nominare i musicisti) sulle note di I'm Your Man.
Cohen è molto disponibile all'interazione col pubblico, raccoglie i complimenti e risponde con cortesia, gioca con l'audience promettendo risposte che finiscono in suoni giocosi e privi di senso. Si instaura un rapporto quasi confidenziale che riesce a mettere a proprio agio l'una e l'altra parte dopo quattordici anni di lontananza.
So Long Marianne dà inizio alla lunga serie di bis, in cui Cohen lascia molto spazio alle brave e affascinanti coriste e agli assoli di Neil Larsen (tastiere, strumenti a fiato), Bob Metzger (chitarre e voci), Javier Mas (chitarre acustiche), Rafael Gayol (batteria e percussioni) e Dino Soldo (tastiera, sassofoni e voci). Sister Of Mercy è l'ennesimo successo che ci viene proposto, ma la terza ora di concerto sta quasi per scadere e tutti si aspettano ancora qualcosa. Alcune voci si alzano dal pubblico invocando Chelsea Hotel, mentre io continuo a sperare in Famous Blue Raincoat. Il tempo avanza rapidamente e senza accorgercene siamo nel mezzo di Closing Time un titolo che non lascia adito a dubbi circa l'imminente e definitiva chiusura dello show. Il palcoscenico si svuota rapidamente e a noi non resta che un senso di appagamento e il ricordo di un evento unico, venato dal rammarico per il vuoto lasciato da quel brano, un vuoto che difficilmente avrà un'altra occasione per essere colmato.