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Venerdì, 15 Febbraio 2013 16:33

Born in the USA // Bruce Springsteen

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Born in the USA // Bruce Springsteen Born in the USA // Bruce Springsteen

Per importanza di contenuti ed oceanico consenso di pubblico, la settima fatica di Springsteen, Born In The USA, rappresenta, come Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, Never Mind The Bullocks e pochi altri, più che un disco, un manifesto, lo specchio e la memoria di una generazione.

La differenza risiede nel fatto che quest’opera è, per Springsteen, sostanzialmente lo spartiacque della sua stessa carriera e produzione artistica. Con quest’album, il Boss smette i panni dell’American hero ed annuncia la resa. Opportunamente, lo fa pubblicando un lavoro strepitoso da principio a fine, che le produzioni successive, tranne in parte Tunnel Of Love, lasceranno ampiamente rimpiangere.
Il lato B, ad esempio, propone una delle sequenze più eccitanti e riuscite nella music history (mondiale). Il rock maestoso di No Surrender, la struggente ballata Bobby Jean, i frizzanti rhytm’n blues di I’m Goin’ Down e Glory Days costituiscono mirabile compendio del livello artistico raggiunto dal boss in una dozzina d’anni di carriera. Ed il punto fondamentale è che proprio queste sono le canzoni che maggiormente palesano il messaggio del capo. In No Surrender, si parla di “una guerra che non è più nostra da vincere, Glory Days è il malinconico resoconto di un summit di pre-quarantenni che si ritrovano in modo piuttosto casuale, soppesano le medie sfighe della vita, e si consolano celebrando le glorie, appunto, passate. Anche Bobby Jean e I’m Going Down officiano una fine. Nel primo caso di un legame per cosi dire spirituale, tra anime affini che il tempo ha disperso. Ingioiellato da un memorabile solo di sax nel finale, il pezzo diverrà uno dei favoriti delle audience di tutto il mondo. Nel secondo, più profano, di una liasion logora e giunta al naturale capolinea. Springsteen non vuole più lottare? Certamente Born In The USA è abbastanza vigoroso e potente da dimostrarne la volontà di “uscir di scena” alla grande.

Il carisma del guru è intatto, come documenta l’ anatema espresso della title-track, possente stomp monocorde che racconta le peripezie di un reduce di guerra e i suoi problemi di reinserimento nella società, sprizzante grinta fin dalla prima stilettata del rullante di Weinberg. O la successiva Cover Me, che combina hard rock con dance beat (e infatti era stata in origine promessa a Donna Summer), ed anche qui il nostro pare cercare sollievo, conforto: “Fuori c’è vento e pioggia battente, ho bisogno di qualcuno che mi protegga…”.

E’ straordinario come il tono dimesso di molti dei testi di quest’album siano in contrasto con la dirompente energia della musica. L’esuberante Dancing In The Dark, singolo trainante e il rockabilly in maniche corte di Working On The Highway ne sono più che piacevoli dimostrazioni. L’intrigante I’m On Fire è un breve motivetto allegro dal testo alquanto spinto che Bruce aveva originariamente concepito per la sola chitarra, che ottenne una chilometrica lista di covers. Insieme alla rappresentazione goliardica di Darlington Country costituisce l’allegro angolo ricreativo del lavoro. Ma si tratta di tracce che suonano come brevi parentesi spensierate, strette come sono tra le tristezze narrate in Downbound Train, altra storia d’amore saltata in aria causa desuetudine o semplicemente perché le privazioni sofferte durante un’esistenza ordinaria corrodono anche i legami più duraturi, e la mesta meditazione di My Hometown. E’ questa la garbata effigie di un ricordo, l’immagine di Bruce adulto che mostra al proprio figlio la terra, il paese in cui nasce e cresce, così come era stata presentata a lui da bambino. Il ricorso generazionale origina un velo di malinconia e rimpianto, che l’induce a considerare, con la sua amata, l’idea di andarsene. Un po’ l’immagine dell’intero disco. Lo sfiancamento della maturità, lo smarrimento del senso della lotta, l’anacronismo degli entusiasmi, l’ingenua irrazionalità dei “giuramenti di sangue”, annacquati dalla disillusione e dalle sconfitte del tempo; l’eccezionalità del disco sta nel fatto che, con tutto ciò, lo stesso è rivestito di armonie robuste, vivaci, irresistibilmente appassionanti, mai banali.

La consapevolezza del nuovo modus vivendi del Boss è accompagnata dalla musica migliore che l’uomo di Freehold abbia mai creato, blandamente avvicinata, come accennato, dal seguente Tunnel Of Love. Parlavamo di spartiacque, prima. Infatti e purtroppo, a partire dal brutto Lucky Town, del 1992, le prove del Boss sembrano, rispetto a quelle ’70 e ’80, tutta un’altra cosa, lo scolorita proiezione in controluce di un grande artista.

Informazioni aggiuntive

  • Autore: Bruce Springsteen
  • Etichetta: Columbia Records
  • Anno di pubblicazione: 1984
  • Album: Born in the USA
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Alfonso Gariboldi

Poesie, racconti, recensioni: la caleidoscopica  proposta di Alfonso Gariboldi per AMA music si traduce in una acuta retrospetiva che indaga vizi e virtù degli album che hanno fatto la storia della musica. Ogni sua recensione è arricchita da un collegamento storico, un aneddoto, una riflessione sagace che contribuisce a delineare lo stile irreprensibile e irriverente della rivista.

Per ulteriori informazioni circa l'attività letteraria di Alfonso rimandiamo al suo sito personale www.alfonsogariboldi.it

Sito web: www.alfonsogariboldi.it