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SENZA MUSICA LA VITA SAREBBE UN ERRORE Friedrich Nietzsche

Martedì Aprile 16, 2024
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Su quali prerogative erano basati i primi due, brillanti, lavori dei Police? Su una possente mistura di white reggae and punk rock, oltre che sulle modulazioni acuto-isteriche della voce di Gordon e i virtuosismi strumentali dei di lui compagni, particolarmente Summers. L’assenza di uno di questi ingredienti porta all’emissione di un disco flaccido, molliccio, con poche canzoni di un certo livello ed una certa noia di sottofondo che si dipana lungo l’arco dei quaranta (scarsi) minuti.

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All’inizio della decade, al momento dei successi planetari dei Police con singoli quali Don’t Stand So Close To Me, era certamente arduo ipotizzare che, solo otto anni dopo, il suo leader e principale compositore avrebbe pubblicato un’opera tanto distante, sia a livello di testi che stilisticamente. Quasi tutti i brani inclusi in Nothing Like The Sun sono brillanti esempi di introspezione interiore o denuncia sociale, espressa però sommessamente, come una protesta che parte dagli strati più infimi della condizione umana ma sa scuotere le coscienze.

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Come chiudere in bellezza

Quinta ed ultima fatica in studio della band prima dello scioglimento, Synchronicity segna un’indubbia maturazione stilistica, affrancandosi definitivamente dalla matrice reggae-bianco che aveva caratterizzato le opere precedenti, talvolta marchiandole eccessivamente. Sin dalla prima track la nuova direzione appare evidente.

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Pungiglione incantato

Sting // Storia di musica n. 21 di Cesare G. RomanaQuando il trepestio dei piedi, sulle predelle dei banchi, segnalò l'impazienza della scolaresca, il maestrino smise di declamare e ripose nel cassetto Lo Hobbitt di Tolkien. Poi da sotto la cattedra trasse il basso e collegò il cavo con la presa, erano tempi artigianali. «Proviamo Singin' in the rain», ordinò, e da sotto ogni banco scaturì uno strumento: un umile ottavino e la cavernosa maestà d'una tuba, silhouette serpentine di sax, la snellezza retrattile d'un trombone, un flicorno petulante e due chitarre dall'accordatura precaria. Sulla quarta B le finestre irradiavano un lucore invernale e sorella Ruth, la preside, reputò inutile affacciarsi per dire, col suo tono burbero: «Non discuto i suoi metodi, professor Sumner, ma riduca il rumore: disturba le altre classi». L'episodio tornò alla mente di Sting dodici anni dopo, era l'87 e su Rio de Janeiro pioveva un acquoso dicembre. L'auto portò lui e Trudie nel cuore della foresta, la facciata gotica emerse tra il verde e parve annunciare una chiesa cristiana, più che un tempio sincretista: era, in realtà, entrambe le cose. Entrarono. Lo striscione, sopra l'altare, prometteva luz, paz, amor, i fedeli vestivano tuniche verdi trapunte di stelle, un prete intonò una nenia. Nei boccali il liquido - melmoso, marrone - aveva un ingrato sentore di petrolio: bevvero, e il sapore era ributtante quanto l'odore.

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