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Lunedì, 29 Novembre 2010 00:00

Tubi e serpi al Magenta Jazz Festival

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ALIFFI- D'AURIA SEXTET
CON MICHEL GODARD

Luogo: Teatro Lirico, Magenta (MI)
Data: 26 novembre 2010
Evento:  Magenta Jazz Festival 2010
Voto: 7

Maurizio Aliffi: Chitarra.
Francesco D’Auria: Batteria e percussioni.
Marco Ricci: Contrabbasso.
Luca Gusella: Marimba.
Beppe Caruso: Trombone e Tuba.
Marco Brioschi: Tromba.
Roberto Martinelli: Clarinetto e Sax Contralto.
Michel Godard: Tuba e Serpentone.

Se vi stupisce vedere tubi pluviali ed atri oggetti impropri su un palcoscenico allestito per uno spettacolo jazz, probabilmente non avete mai assistito ad un concerto di Francesco d’Auria. Se poi trovate singolare che un componente della sua formazione maneggi un ottone colorato di nero a forma di biscione, forse non sapete nemmeno che, accanto al suo sestetto, il percussionista siciliano ha schierato lo special guest Michel Godard. Niente di più normale, infatti, che vedere il musicista parigino destreggiarsi tra questo affascinante serpentone ed una tuba azzurra, sfoderata, al solito, come strumento solista.

Sembra un riferimento esplicito al curioso strumento il primo pezzo, Mamba Nero, aperto e chiuso dai duettanti D’Auria e Godard e composta da Aliffi; il chitarrista è autore anche della successiva Pesci nell’acqua, brano blando ed ondeggiante, accarezzato dal fruscio delle spazzole sulle pelli e dall’archetto sulla marimba.
L’introduzione della successiva Saturnia è affidata al flicorno di Marco Brioschi, che passa subito dopo alla tromba sordinata per l’atmosfera sognante di Un amore (D’auria), creata anche grazie all’assolo di marimba di Luca Gusella.


I giochi di parole sembrano essere un debole dal leader percussionista, che non a caso intitola To Be il suo successivo brano originale. L’escamotage consiste nel percuotere una serie di tubi pluviali di lunghezza differente con dei battenti di gommapiuma pressata e il risultato è un suono ovattato, dolce ed avvolgente. Per I sogni di Piero, D’Auria mette finalmente le mani sull’hang che dall’inizio del concerto campeggia al centro della scena incuriosendo e stuzzicando la fantasia dei meno avvezzi. Il titolo stesso lascia intuire il suono onirico che quello strano aggeggio a forma di UFO è in grado di produrre, soprattutto se supportato dalle note rarefatte della chitarra e dalle successioni sinuose di Godard.


C’è ancora spazio per una composizione a firma Martinelli e per Upupa prima che D’Auria inizi ad agitare vorticosamente un tubo flessibile sopra la testa (una tecnica che affonda le sue radici in primitive pratiche di tele-comunicazione) per introdurre Sottomarini e pattini; il brano è il pretesto per un lungo assolo del percussionista che passa con disinvoltura dalle mazze da timpano alle canoniche bacchette.

A concerto terminato, la metà dei musicisti esce di scena, l'altra metà non intende le intenzioni e resta al suo posto: "abbiamo preparato i bis - sdrammatizza D’Auria al rientro sul palcoscenico - ma non gli applausi». Tri Bop segna la chiusura definitiva di un concerto che ha incantato e divertito il pubblico, mancando tuttavia di un po' di quella verve che generalmente fa la differenza durante un'esibizione live.

 


Letto 4735 volte Ultima modifica il Giovedì, 03 Gennaio 2013 13:30
Martina Bernareggi

Durante gli anni dell'università inizia a lavorare presso una testata locale continuando l'attività giornalistica in ambito musicale e  sportivo come freelance.
Iscritta all'ordine dal 2007 crea il progetto AMA music per dar voce alle realtà locali o parlare dei grandi nomi con il gusto e l'approfondimento che difficilmente si trovano nel web.