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SENZA MUSICA LA VITA SAREBBE UN ERRORE Friedrich Nietzsche

Venerdì Marzo 29, 2024
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Martina Bernareggi

Martina Bernareggi

Durante gli anni dell'università inizia a lavorare presso una testata locale continuando l'attività giornalistica in ambito musicale e  sportivo come freelance.
Iscritta all'ordine dal 2007 crea il progetto AMA music per dar voce alle realtà locali o parlare dei grandi nomi con il gusto e l'approfondimento che difficilmente si trovano nel web.

Giovedì, 29 Settembre 2011 07:23

Jazz'Appeal 2011 - Università del Melo

In occasione dell'

UDM 25 FESTIVAL
Le nozze d’argento dell’Università del Melo con la Città di Gallarate

Jazz'Appeal inaugura il nuovo ciclo di eventi con concerto del sestetto di Paolo Tomelleri, che si esibirà con un programma intitolato Swing music is still living.

La rassegna jazzistica, giunta alla sua dodicesima edizione, offre, con le sue proposte artistiche di altissima qualità, un grande spettacolo dal vivo sul palco del Planet Soul. Gli artisti più prestigiosi del panorama nazionale e internazionale si alternano dando vita ad un percorso cultural-musicale rivolto ad un pubblico appassionato ed esigente.
PROGRAMMA COMPLETO

MARTEDÌ dalle 21.00 alle 24.00 in SALA PLANET SOUL

Settembre - Dicembre 2011

30 SETTEMBRE 2011:    PAOLO TOMELLERI and HIS RAGAMUFFINS
PAOLO TOMELLERI, clarinetto
CARLO BAGNOLI, sax baritono
EMILIO SOANA, tromba
FABRIZIO BERNASCONI, piano
VALERIO DELLA FONTE, contrabbasso
TONY ARCO, batteria
Serata inserita nella programmazione dell'UdM 25 FESTIVAL ad ingresso GRATUITO


11 OTTOBRE 2011
:    GIORGIA BAROSSO - LUCA CALABRESE 5tet
GIORGIA BAROSSO, voce
LUCA CALABRESE, tromba e flicorno
CARLO UBOLDI, pianoforte
LUCIANO MILANESE, contrabbasso
ADAM PACHE, batteria

25 OTTOBRE 2011:   "MAXX FURLAN  JAZZ TIME"
MAXX FURLAN, batteria
GIANLUCA DI IENNO, pianoforte
MATTIA CIGALINI, alto sax
MICHELE TACCHI, basso

8 NOVEMBRE 2011
:    "WE KIDS"  STEFANO BAGNOLI trio
STEFANO BAGNOLI, batteria
GIUSEPPE CUCCHIARA, contrabbasso
FRANCESCO PATTI, sax

22 NOVEMBRE 2011:    "COLOR SWING TRIO"
CHRISTIAN MEYER, batteria
PAOLO ALDERIGHI, pianoforte
ALFREDO FERRARIO, clarinetto

13 DICEMBRE 2011:    ANNE DUCROS & "GIUSEPPE EMMANUELE trio" - LEGGI LA RECENSIONE
ANNE DUCROS, voce
GIUSEPPE EMMANUELE, pianoforte
YURI GOLOUBEV, contrabbasso
MARCO CASTIGLIONI, batteria

 

Per informazioni è possibile chiamare tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, dalle 14.30 alle 17.30, allo 0331-708224.

Contatto e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. Informazioni sul sito: www.melo.it

Università del Melo
via Magenta 3
21013 GALLARATE

Mercoledì, 21 Settembre 2011 10:24

Ivano Fossati - Tutto questo futuro

Tutto questo futuro
Storie di musica, parole e immagini

A cura di Renato Tortarolo

Rizzoli

 

Titolo: Tutto questo futuro
Pagine: 272
Prezzo: 49,00 euro
Collana: Illustrati
Editore: Rizzoli
Libreria: 4 ottobre 2011

Ricordi, persone, musica, canzoni e digressioni, Ivano Fossati si racconta con parole e immagini e, parlando di sé, descrive un pezzo dell’Italia di ieri e di oggi. I suoi album e le sue canzoni sono il punto di partenza per percorrere le passioni e gli avvenimenti che hanno attraversato una generazione, i suoi dischi del cuore, i Paesi che lo hanno ispirato.


Sono nato in una famiglia operaia, in parte disgregata. Mio padre se ne andò la prima volta quando avevo un anno. Da ragazzo ho avuto anche molte compagnie instabili e rischiose dalle quali mi ha allontanato la passione per la musica che non ammetteva distrazioni buone o cattive. Non mi andava di studiare, così ho smesso presto e più avanti ho letto quasi tutti i libri che i miei occhi e la mia memoria potevano contenere.
Questa non è un’autobiografia, ma il racconto forse anche incompleto di oltre quarant’anni di musica. Ci sono alcuni dei dischi che mi hanno fatto crescere e ci sono gli strumenti con cui ho costruito le mie canzoni. Ci sono i miei amici.
È anche il racconto di come il mio futuro, del quale non mi curavo, sia diventato giorno dopo giorno, viaggio dopo viaggio, incontro dopo incontro, il mio presente e poi sia scivolato in buona parte alle mie spalle. Ma con leggerezza, e si sia lasciato trasformare nella canzone piccola e piena di speranza che dà il titolo a questo libro
”.


Nello stesso giorno di pubblicazione del libro, il 4 ottobre, uscirà anche il nuovo album di inediti di Fossati dal titolo “Decadancing” (Emi Music Italy).

 

 

 

Martedì, 20 Settembre 2011 15:06

Informativa sulla privacy

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Varese ospiterà Paolo Conte per un doppio appuntamento i giorni 1 e 2 ottobre. La prima serata vedrà  il cantautore astigiano esibirsi in concerto per il decennale del teatro Apollonio; il giorno succesivo Conte riceverà il premio “Le parole della musica”, riconoscimento assegnato dal Premio Chiara, in collaborazione con il Premio Tenco.

Domenica, 18 Settembre 2011 06:51

Eventi in jazz 2011 a Busto Arsizio

Segui giorno per giorno lo SPECIALE EVENTI IN JAZZ: recensioni, foto e spezzoni video dei concerti sono a tua disposizione

Il programma:

BUSTO ARSIZIO

Tutti i concerti in programma si terranno presso il Teatro Sociale – Piazza Plebiscito, 1

 

 

 

 

Lunedì 17 ottobre ore 21

Steppin’ On Stars

Joe Locke – vibrafono
Dado Moroni – pianoforte
Rosario Giuliani – sassofono contralto e soprano

(VAI ALL'ARTICOLO)

Ore 23 Jazz Galà (Gastronomia Crespi)


Martedì 18 ottobre ore 21

Lydian Sound Orchestra
Arrangiatore e Direttore Riccardo Brazzale

Pietro Tonolo – sassofono contralto e soprano
Robert Bonisolo – sassofono contralto e tenore
Rossano Emili – sassofono baritono e clarinetto
J. Kyle Gregory – tromba - piccolo
Roberto Rossi – trombone
Dario Duso – tuba
Paolo Birro – pianoforte
Marc Abrams – contrabbasso
Mauro Beggio – batteria


Mercoledì 19 ottobre ore 21

Proiezione del film documentario Michel Petrucciani – Body & Soul
del regista Michael Radford, presentato all’edizione 2011 del Festival di Cannes.

Costo del biglietto € 4.00 – ingresso gratuito per gli abbonati

 

Giovedì 20 ottobre ore 21

Louis Hayes & The Cannonball Legacy Band

Louis Hayes – batteria
Vincent Herring – sassofono contralto
Philip Harper – tromba
Rick Germanson – pianoforte
Richie Goods – contrabbasso

Venerdì 21 ottobre ore 21

Enrico Rava Tribe

Enrico Rava – tromba
Gianluca Petrella – trombone
Giovanni Guidi – pianoforte
Gabriele Evangelista – contrabbasso
Fabrizio Sferra – batteria

Sabato 22 ottobre ore 21

Kyle Eastwood - Songs From The Chateau

Kyle Eastwood – contrabbasso
Jim Watson – pianoforte
Richard Beesley – sassofono tenore
Henry Collins – tromba
Martyn Kaine – batteria

 

Prevendita biglietti

Concerti Città di Busto Arsizio:

Ingresso € 7,00 - Abbonamento € 30,00

Teatro Sociale – Piazza Plebiscito, 1

Busto Arsizio – tel.             0331/679000

Mercoledì – Venerdì dalle ore 16,00 alle ore 18,00


 

CASTELLANZA

GRANDE JAZZ... all’UNIVERSITÀ

Università Carlo Cattaneo - LIUC - Aula Bussolati Piazza Soldini, 5

Venerdì 4 Novembre ore 21

Cordoba Reunion

Javier Girotto – sassofono baritono e sassofono soprano
Gerardo Di Giusto – pianoforte
Carlos “El Tero” Buschini – contrabbasso
Minino Garay – batteria e percussioni

Ore 23 Jazz Fantasy (Compass Group)

Venerdì 11 Novembre ore 21

Antonio Faraò Trio

Antonio Faraò – pianoforte
Darryl Hall – contrabbasso
Dejan Terzic – batteria

Venerdì 18 Novembre ore 21

Rachel Gould Luigi Tessarollo Quartet

Rachel Gould – voce
Luigi Tessarollo – chitarra
Aldo Zunino – contrabbasso
Alfred Kramer – batteria

Ore 23 Wine Jazz (Pro Loco di Castellanza)

Scarica la locandina

Martedì, 13 Settembre 2011 15:33

L'urlo della Galás irrompe nel MiTo

Diamanda Galas al MiTo di milano

DIAMANDA GALÁS

www.diamandagalas.com

Luogo: Auditorium di Milano
Data: 11 settembre 2011
Evento: MiTo SettembreMusica
Voto: 8


Incedere lento, ombra nell'ombra, l'ingresso in scena di Dimanda Galás è avvolto dal mistero di un ritualità esoterica; l'unico fascio di luce è puntato sul seggiolino del pianoforte a coda al centro del palcoscenico: l'incarnato pallido del suo volto si svela cautamente quando lo attraversa.
Uno sguardo fugace alla platea, le dita affusolate sui tasti e un'onda d'urto inchioda alle sedie gli spettatori, chi stupito, chi scioccato, chi già rapito. La Galás esige un rapporto schietto con il suo pubblico e il primo brano è un biglietto da visita che non lascia dubbi circa le sue potenzialità: acuti sopranili e modulazioni raffinate sono le ali per voli vertiginosi attraverso le quattro ottave della sua estensione (oltre ad essere un buon esercizio per scaldare le corde vocali, destinate nei successivi novanta minuti ad un lavoro arduo).

Le acrobazie vocali di Diamanda Galas si servono di lingue diverse per esprimere al meglio colori e sfumature fonetiche, sfruttando fino in fondo le peculiarità date dalla pronuncia e dal suono di ogni idioma. Poliglotta per via delle origini, sa come piegare al proprio volere (e valorizzare grazie al proprio stile) una struggente canzone popolare spagnola, un chanson française in trequarti, una ballata inglese di successo. Musiche turche, armene e gitane completano la scaletta dello spettacolo "The Refugee", improntato sul tema dell'emarginazione e della discriminazione dei profughi costretti ad abbandonare il proprio Paese.

Il lato più estremo ed oscuro dell'artista greco-americana viene scaraventato addosso alla platea per la prima volta durante il terzo brano, quando vocalizzi agghiaccianti, distorsioni gutturali e dissonanze laceranti svelano tutta l'anima maledetta della Galás più sperimentale. La successiva cover, Amsterdam di Jacques Brel, serve a tamponare lo sbigottimento che sgorga a fiotti tra le poltroncine di velluto rosso: un'interpretazione carica e sentita permette alla cantante di instaurare un rapporto di fiducia con la parte ancora scettica del pubblico, che risponde con un applauso scrosciante.
La suggestione dello spettacolo è supportata e corroborata dal lavoro sottile e ben orchestrato di tecnico luci e fonico, fidi collaboratori di Diamanda Galás. E così prima tutto si tinge di un rosso vivo in cui galleggiano acuti soffocati e strazianti, poi arriva il blu a suggerire un’atmosfera da favola noir, che ha per protagonista il suono effettato di un pianoforte spettrale e inquietanti frasi sussurrate.

Nel mezzo c’è tempo anche per un siparietto scherzoso, quando la Galás, non vedendo esaudita la sua richiesta d’acqua, si alza per recuperarla da sé e, tornata sul palco ancora a mani vuote, accetta le bottiglie offerte dalle prime file col sorriso sulle labbra e un atteggiamento per nulla viziato da divismo o presunzione.

Degna conclusione dello spettacolo, Heaven Have Mercy (successo di Edit Piaff del 1956) è un brano intenso e toccante, che rende gli spettatori ancora più affamati del rituale bis. Ve ne saranno due prima che Diamanda Galás lasci il palco tra il fragore degli applausi di un pubblico soddisfatto e arricchito.

di Martina Bernareggi

Leggi la monografia di Diamanda Galás

Giovedì, 01 Settembre 2011 09:02

Diamanda Galas - La serpenta

Diamanda Galas - La serpentaStudiava biochimica all’università, ambiente accademico che abbandonerà anzitempo per dedicarsi integralmente al pianoforte. Quindi la decisione di chiudersi in una scatola ed iniziare a cantare: possiamo pensare che questa sia l’origine, in bilico tra storia e fantasia, de "l'urlo del sangue", come la stessa Diamanda Galas ama definire quel tratto peculiare, agghiacciante e raccapricciante della sua musica.

O forse sarebbe meglio definirlo affascinante e misterioso, tanto da averla consegnata se non all’olimpo, quanto meno a qualche bolgia dell’universo cantautorale.

Deve essere stata particolarmente segnata dalla frase «Solo gli idioti o le donnacce – per usare un eufemismo - diventano cantanti» pronunciata dal di lei padre, trombonista e bassista che crebbe la piccola Diamanda nella rigida osservanza della dottrina greco-ortodossa. Sembra infatti che la promettente musicista si sia anche prostituita, per gioco o per sfida, o forse per scavare ancor più in quella “carne macellata” citata nel brano estremo che grida senza mezzi termini la sua reazione all’imposizione spirituale: «Sono l’Antichristo».

Il pezzo è ben lontano da quella che è stata la sua iniziazione alla performance live, avvenuta a 14 anni, quando la giovane pianista americana di origini greche suonò con l’Orchestra Sinfonica di San Diego (città che le diede i natali nel 1955) il Concerto per Piano n° 1 di Beethoven.

Nietzsche, Baudelaire, Pasolini, Poe e De Sade sono gli spiriti guida di Diamanda negli anni dell’adolescenza segnata dalle note di classica, jazz e blues e dalla frequentazione di jazzisti d’avanguardia come David Murray, Butch Morris e Mark Dresser. Di lì a poco la proposta di esibirsi, nemmeno a dirlo, in ospedali psichiatrici. Ma bisognerà attendere gli anni dell’università per la vera e propria rivelazione delle sue uniche e strabilianti capacità vocali.

Se il debutto ufficiale in veste di interprete risale al 1979, quello discografico è datato 1982 con The Litanies Of Satan, album talmente estremo da essere guardato con diffidenza persino dall’avanguardia. Condensato di canto ed elettronica è il tremendo capolavoro che nemmeno la stessa Serpenta riuscirà a replicare: voci sovraincise spaziano attraverso un numero non ben definito di ottave, suoni lacerati e laceranti, acuti sopranili e gargarismi gutturali, riti pagani ed evocazioni demoniache permeano i due brani che compongono l’album.

The Divine Punishment (1986) è una sorta di spartiacque tra la prima fase, quella della sperimentazione esasperata, ed una seconda via, più teatrale, più drammatica, che culmina nel succitato Sono L’Antichristo brano cantato in italiano che, lungi dal voler comunicare un messaggio di satanismo, critica la religione cristiana in quanto istituzione. Completano la seconda trilogia Saint Of The Pit e You Must Be Certain Of The Devil, opera che segna l’inizio di un periodo poco brillante per la Galas.

Non va meglio negli anni ’90 con End Of The Epidemic (1991) e The Singer (1992), tanto che del 1994 abbiamo un decisivo cambio di rotta con The Sporting Life, album marcatamente deviato verso il rock, nato dalla collaborazione con John Paul Jones. L’esperimento si rivela piuttosto felice, un po’ meno lo sembra, nell’immagine di copertina, l’espressione del fu bassista dei Led Zeppeli, mentre subisce la minaccia di un coltellaccio da cucina brandito dalla Galas.

La sua produzione più recente è caratterizzata da una sorta di ritorno alle origini che per un’artista dello stampo di Diamanda Galas, proiettata verso l’altrove, attraverso uno sguardo che si spinge sempre un po’ più in là del comune sentire, non può che segnare una regressione, l’inizio della fine. Nulla infatti hanno da dirci gli ultimi suoi album, composti da live cover blues, gospel e jazz, noiosi e stantii, tra cui spicca la ripresa di Lonely Woman di Ornette Coleman, da sempre dichiarato per il suo fraseggio la maggiore fonte di ispirazione della cantante. Niente a che vedere, tuttavia, con la potenza perforante e dilaniante della sua voce stridula e profonda, limpida e gracchiante, sensuale e fastidiosa, con i vocalizzi multipli e soprannaturali che hanno caratterizzato la sua produzione passata.

Non resta quindi che godere delle incisioni più datate, quelle in cui depravazione e spudoratezza affioravano con prepotenza dalla tecnica sopraffina di una musicista molto preparata, una vocalist dalla rare doti canore, ricercatrice estrema ed attenta studiosa. Come una sorta di Picasso del pentagramma la Galas ha preso il suo talento e l’ha torturato per ricavarne un’arte del tutto personale ed inimitabile, tracciando un solco nella storia della musica contemporanea che difficilmente potrà essere cancellato.

di Martina Bernareggi

Mercoledì, 31 Agosto 2011 10:18

MITO - Settembre Musica

MiTo - Settembre musicaApre i battenti la quinta edizione di MITO SettembreMusica, in scena dal 3 al 22 settembre. Milano e Torino si uniscono ancora una volta nella proposta di un Festival Internazionale capace di suggerire al pubblico, italiano e non solo, nuovi itinerari di ascolto, passione per la ricerca, affetto per la tradizione. Fedele alla propria identità, la manifestazione insiste nello sforzo - perseguito fin dalle origini e poi per tutto un lustro - di immaginare nuovi spazi ed esperienze musicali per il pubblico

Scarica il programma sintetico in PDF

Per informazioni dettagliate: www.mitosettembremusica.it

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DANIELE SILVESTRI

www.danielesilvestri.it

Luogo: Villa Arconati, Bollate (MI)
Data: 14 giugno 2011
Evento: Festival Villa Arconati
Voto: 7,5

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di Eugenio Peralta

Dalla prima apparizione a Sanremo con L’uomo col megafono ai successi più recenti, il leit motiv che accompagna la carriera di Daniele Silvestri è immutabile: bravo, ma gli manca il capolavoro. Una discografia traboccante di pezzi eccellenti e con pochissime cadute di stile, priva però del “cinque stelle”, dell’acuto definitivo. Il luogo comune ha indubbiamente un fondo di verità; ma l’apparente handicap si trasforma in un asso nella manica nella dimensione live, dove Silvestri può permettersi di sfoderare un brano dopo l’altro virtualmente all’infinito, potendo contare su un’elevatissima qualità media. Ed è andata proprio così nella scenografica cornice di Villa Arconati, dove il cantautore romano si è esibito per quasi due ore e mezza con la consueta generosità, incurante della stanchezza e delle zanzare, di fronte a un pubblico tanto entusiasta quanto disciplinato (ci torneremo).

Se c’è una cosa che Silvestri sa fare benissimo è arruffianarsi gli ascoltatori, con il suo atteggiamento ironico e autoironico, con le dichiarazioni di appartenenza politica (poche settimane fa è stato tra i protagonisti del concerto in onore di Giuliano Pisapia) e persino mettendo in scena una presunta “improvvisazione” della scaletta. Ma anche con la musica: si vedano gli ammiccanti ritmi latini garantiti dalla presenza del percussionista cubano Ramon José Caraballo, per esempio ne La paranza, ma ancora più spesso gli sconfinamenti nel reggae e nello ska, come nei nuovi arrangiamenti di Monetine o Me fece mele a chepa. Mosse furbette? Può darsi, ma va detto che l’altro elemento da sempre presente nel DNA di Silvestri è la capacità di muoversi con disinvoltura (e grande divertimento) da un genere musicale all’altro: lo ha dimostrato anche a Bollate, saltando senza affanno dalla ballad Acqua stagnante alla sincopata Fifty fifty, fino al quasi-rap di Le cose in comune, anche se la velocità non è più quella di una volta.

Nella lunga scaletta dello spettacolo, del resto, c’è stato spazio praticamente per ogni cosa: quasi tutti i brani dell’ultimo disco, forse meno riuscito dei precedenti ma sempre ben oltre la soglia della gradevolezza, a qualche “perla” tirata fuori dal dimenticatoio come la bellissima Strade di Francia e addirittura il rock naif di Datemi un benzinaio, uno dei primi brani incisi dal cantante di Roma. Spiazzante la pausa a metà concerto: dieci minuti di musica techno – piuttosto datata – per introdurre i brani più movimentati come la grottesca S con Dario, altro cavallo di battaglia degli esordi, ma anche Manifesto o Salirò. Tra i momenti più intensi da segnalare anche il duetto con il milanese Diego Mancino per l’onirica e ispirata Acqua che scorre.

Il neo della serata è facile da individuare: la posizione del pubblico, irrigidito in posti a sedere troppo lontani dal palco e impossibilitato a vivere il concerto con la dovuta partecipazione. Vero che Silvestri è un cantautore a tratti intimista, ma così si esagera. Dopo quasi un’ora e mezza, infatti, gli spettatori hanno finalmente infranto il tabù e si sono riversati in massa nelle prime file, in tempo per un finale ad alto tasso di emotività: il rock progressivo di Aria, i beffardi stornelli di Testardo con tanto di coro “..de li mortacci tua”, e soprattutto l’attesissima Cohiba dedicata a Che Guevara, ormai trasformata in un inno generazionale. Certo, a rifletterci c’è qualcosa che non torna nel sentire Silvestri enunciare che “lo slogan è fascista di natura” (Voglia di gridare, il singolo con cui esordì nel 1994) per poi lanciarsi, pochi secondi dopo, nel coro “Venceremos adelante, o victoria o muerte”. Ma in fondo cambiare idea non è vietato e anche questa è una dimostrazione di sincerità, una dote che al cantautore romano non è davvero mai mancata.


Giovedì, 21 Luglio 2011 15:55

Franco Battiato: Up patriots to arms

FRANCO BATTIATO

www.battiato.it

Luogo: Villa Reale, Monza (MB)
Data: 20 luglio 2011
Evento: Tour Up Patriots to Arms
Voto: 9,5


«Pump up the volume» esorta una voce femminile dagli altoparlanti. Che sia una comunicazione di servizio?

Non c'è tempo per le supposizioni: una propulsiva Up Patriots to arms irrompe con una potenza che i suoi 31 anni di storia sembrano aver caricato, anziché smussato. Come accadrà per altri brani durante la serata, il pezzo non è suonato in versione integrale: la band riassume in un'anteprima di poche battute quello che sarà lo spirito dell'intero concerto. Per capirci, è quanto accade anche nell'arte cinematografica (di cui Battiato non è certo digiuno): i titoli di testa spesso anticipano allo spettatore quello che accadrà nel corso del film.

Quindi, se abbiamo colto il messaggio, Franco Battiato si appresta a spruzzare dell'autentico rock 'n' roll tra la suggestiva cornice della Villa Reale di Monza, pennellando qua e là arrangiamenti raffinati e curati in modo quasi maniacale: musica popolare e colta si amalgameranno come colori stesi sulla tela da una mano sapiente. E così sarà.

Una prima sferzata di adrenalina scorre tra la platea assieme alle note di Auto Da Fe, No Time, No Space e Un'altra vita, spunto per una freddura sul protrarsi oltre misura delle opere pubbliche in Italia (la terza linea del metrò che avanza – ironizza Battiato - e io è da 30 anni che l'aspetto questa terza linea).

Una serie di successi più recenti, sostenuti a colpi di distorsione da un "tarantolato" Davide Ferrario, infuocano il pubblico che non può fare a meno di rimbalzare sulle sedie al ritmo di Tra sesso e castità, Il ballo del potere, Inneres Auge e una superba resa live di Shock in my town. In un crescendo di emozioni, la scaletta non poteva che prevedere due brani dello storico La voce del padrone.  Dopo Gli uccelli e Segnali di vita, dritto nel cuore della serata, arriva il momento forse più alto del concerto con il Quartetto Italiano che è ora protagonista di due chansons francaises riarrangiate dallo stesso Battiato per il primo Fleur: l’interpretazione che ci offre de La canzone dei vecchi amanti e J'entends siffler le train è sublime.

Povera patria, tristemente attuale, riesce a smuovere i sentimenti del pubblico più di qualsiasi turbolenta canzone di protesta; subito dopo, a placare gli animi arriva Prospettiva Nievsky, brano etereo in grado di riconciliare chiunque col mondo intero.

Sapevo bene quanto il repertorio di Battiato fosse vasto  e ricco di capolavori, ma mai me ne sono resa conto come in questo momento: La Cura, I treni di Tozeur, La stagione dell'amore, L'era del cinghiale bianco, La danza, E ti vengo a cercare e Cuccurucucu vengono snocciolati a raffica per un pubblico in delirio, già in piedi e accorso sotto il palcoscenico con il benestare del cantante Catanese che zampetta per il palcoscenico, balla e si agita come un ragazzino.

Il pubblico pienamente appagato inizia a defluire col sorriso sulle labbra, ma ci sono ancora delle perle che attendono di essere chiamate banalmente "bis": L'animale, Stranizza d'amuri e, ovviamente, Centro di gravità permanente, chiudono più che degnamente una scaletta strepitosa che nemmeno l'acustica non esattamente impeccabile del cortile di Villa Reale è riuscita a sminuire.

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